Conte e l’Italia con la valigia

antonio-conte-juventus1-770x577NELL’EUROPEO extralarge voluto da Platini, con l’aumento del numero delle partecipanti alla fase finale nella sua Francia che passa da 16 a 24, la qualificazione era un obiettivo minimo, questo va detto. Come sarebbe ingiusto, ora, non ricordare da dove ripartiva Conte, dallo choc per il fallimento mondiale. Il secondo consecutivo, dopo il crac in Sudafrica.
In anni così poveri a livello di mondiali, interrotti dal secondo posto di Kiev 2012, Conte ha fatto la cosa giusta, alla sua maniera, con 6 vittorie 3 pareggi, imbattuto nel girone. E non vanno dimenticate le difficoltà per un campionato sempre più imbottito di stranieri e con presidenti di club e allenatori poco generosi con la nazionale, come del resto lo era Conte, da juventino. A suo ulteriore merito, la capacità di metter insieme, con un lavoro di cucitura che non era richiesto ai suoi predecessori, azzurri che giocano all’estero, come Pellè e Darmian in Premier, Verratti, El Shaarawy e Sirigu in Francia, Pirlo e Giovinco nel campionato nordamericano. Una maggiore ricchezza di esperienze per la nazionale, allo stesso tempo però anche uno sforzo in più per riorganizzare, ogni volta, il gruppo. Dove è entrato, a pieno titolo, anche un nuovo oriundo, come Eder. E’ un’Italia, in questo senso, che nasce da un’opera continua di patchwork. Un segno dei tempi, questa evoluzione più global, con Conte. E ora parte la corsa a un posto fra i 23, fra candidati sicuri e altri in ballottaggio. La prima speranza del ct, e da lui più volte ammessa, passa, come nome nuovo, dal recupero di Giuseppe Rossi.
Non è un punto di arrivo, questa qualificazione, anche se al tecnico azzurro ha fatto guadagnare, secco, un milione di bonus, come previsto dal suo faraonico contratto, con un ingaggio pari a quattro milioni e mezzo netti a stagione. Dal pass per la Francia, semmai, la nazionale riparte per prepararsi al grande appuntamento. Con relativa suspence sul rinnovo del contratto del ct. Per chiarezza: l’Italia, in Francia, salvo colpi di scena legati nel caso al processo di Cremona sul calcioscommesse, dove in febbraio il ct affronterà l’udienza preliminare per frode sportiva, andrà con Conte in panchina.
E’ sul dopo Parigi che si sta discutendo. Fosse per la federazione, sarebbe già cosa fatta. Ma se Conte non accetta, e neanche ne parla, e se ne parla lo fa per far sapere che neanche ci sta pensando, vuol dire, senza grandi sforzi interpretativi, anticipazioni o virtù profetiche, che prima di immaginarsi per altri due anni in nazionale, preferisce vedere che aria tira a livello di grandi panchine di club. Lo ha capito Tavecchio, che ora si tiene le carte in mano: «La nostra volontà è trattenere Conte, ma dipende da lui, siamo diventati amici per la pelle ma siamo servi di tutti e schiavi di nessuno, vorrà dire che ne parleremo solo un mese prima della scadenza del contratto», l’ultimo aggiornamento da parte del presidente. Parigi non vale una firma.