Siamo alla fine del 2006 e Abu Musab al-Zarqawi, leader di Al Qaeda in Iraq, è morto da poco. Al suo posto si sta imponendoAbu Bakr Al Baghdadi, che farà fare il “salto di qualità” al movimento jihadista fondato da Osama Bin Laden e che riuscirà a riunire attorno a sé un numero sempre maggiore di estremisti sunniti. Per otto anni Isis vive nel silenzio più totale dei media occidentali, poi però, cambia qualcosa.
Un uomo vestito completamente di nero, Jihadi John, buca gli schermi delle televisioni mondiali. Il motivo? Un filmato in cui decapita un fotoreporter americano di nome James Foley. Isis scopre la potenza dell’immagine e l’Occidente scopre Isis,
Io vi dico: siamo in battaglia, e più della metà di essa si svolge sul campo di battaglia dei media (Ayman al-Zawahiri)
I filmati dello Stato islamico non vogliono solo infondere terrore negli occidentali, ma anche, come scrive Bruno Ballardini in Isis. Il marketing dell’Apocalisse, “valorizzare l’immagine dei mujaheddin mitizzandoli e, in definitiva, infondere coraggio a coloro che devono ancora decidere di aderire al jihad. In questo senso, i video degli sgozzamenti sono rivolti principalmente all’arruolamento di nuovi combattenti”.
Sono video realizzati con tecniche sopraffine. Tutto è curato fin nei più minimi dettagli. Il sangue si vede raramente per non turbare chi sta guardando. Le menti dei filmati lavorano principalmente per l’al Hayat media center. Ma concretamente come vengono realizzati? Ce lo spiega, ancora una volta, Bruno Ballardini. I filmati vengono realizzati da cellule e “ciascuna cellula è composta in genere da due operatori per la produzione e la post produzione. Ad essi si aggiungono due ‘manager’ grazie ai quali la cellula viene a dotarsi di una parziale autonomia, attenendosi pur sempre alle linee guida interne stabilite dalla sigla di appartenenza”. Ci sono furgoncini che trasportano gli operatori, sempre pronti a fare riprese in prima linea. I video vengono montati in centri specializzati e, a volte, ci vogliono mesi per elaborarli in maniera definitiva.
Probabilmente, dietro ai filmato dell’Isis ci sarebbero uomini e donne che hanno lavorato in società di comunicazione occidentale. È il caso, per esempio, di Ahmad Abousamra, laureato a Boston, regista dei filmati del terrore e ucciso da un raid Usa in Iraq a maggio dell’anno scorso.
Ma nei filmati dell’Isis ci sono anche errori (e vistosi) come ha documentato ilGiornale.it, riportando le opinioni di alcuni esperti americani sul video che mostra l’esecuzione di 21 cristiani copti sulle coste libiche.
Per Veryan Khan, responsabile del Terrorism Research & Analysis Consortium (Trac), il boia dei cristiani copti sarebbe “troppo grande rispetto alla sfondo”e la sua testa non sarebbe proporzionata rispetto al resto della scena. Stesso discorso per i miliziani che lo accompagnano: sembrano alti due metri. C’è poi un’altra anomalia: il rumore del mare in sottofondo, troppo simile a “una colonna sonora conosciuta e usata in molti filmati”. Mary Lambert si spinge ancora più in là affermando che il sangue sarebbe un falso realizzato con l’aiuto di un computer: “Il sangue che sgorga da una ferita ha un colore molto più scuro di quello visto nella fase dello sgozzamento”.
Il Giornale.it