La linea di cresta tra tutela del paesaggio e transizione energetica torna ad affilarsi in Valmarecchia. Il progetto “Badia del vento” – che prevede l’installazione di sette pale eoliche da oltre 180 metri a Badia Tedalda, nell’alta provincia di Arezzo – continua a far discutere e a dividere istituzioni, comitati e associazioni.
La Regione Toscana ha deciso di rinviare ogni decisione al 14 maggio, ufficialmente per approfondimenti richiesti dall’ente gestore del Parco Sasso Simone e Simoncello. Ma non manca chi legge in questo slittamento una risposta indiretta alla ferma opposizione della Regione Emilia-Romagna, che ha espresso preoccupazione per l’impatto visivo e ambientale che l’impianto potrebbe avere su un’area ricca di biodiversità e patrimonio paesaggistico.
In un contesto dominato da cautela e veti incrociati, Legambiente sceglie di esporsi con chiarezza, sostenendo la realizzazione del parco eolico e accusando le istituzioni di “rinvii strategici” che, di fatto, rallentano la transizione verso le rinnovabili. “La crisi climatica non aspetta – afferma l’associazione – e continuare a rimandare progetti come questo significa alimentare la dipendenza da combustibili fossili”.
Il confronto, più che tecnico, è culturale. Da una parte chi teme una ferita al paesaggio e alla vocazione turistica delle aree appenniniche. Dall’altra chi chiede di guardare oltre l’orizzonte estetico, verso una nuova idea di sviluppo, che integri sostenibilità, energia pulita e responsabilità intergenerazionale.
Il progetto di Badia Tedalda è oggi simbolo di un conflitto più ampio: quello tra il diritto alla bellezza e quello alla sopravvivenza climatica. Le pale, al centro del campo di battaglia, non sono più solo infrastrutture: sono il nodo di una scelta che l’Italia, e le sue Regioni, non possono più permettersi di rimandare.