Garlasco, delitto Chiara Poggi. La svolta dopo 18 anni: “Ho fatto cose così brutte…” Il biglietto che “pesa” su Andrea Sempio

Per diciotto anni, un’impronta su un muro è rimasta muta. Era lì, sulle scale che portano alla cantina della villetta di via Pascoli, a Garlasco. Il corpo di Chiara Poggi era stato trovato proprio in fondo a quei gradini. Lì accanto, su una parete, una traccia palmare. Identificata all’epoca come “reperto numero 33”, era stata catalogata senza clamore: “Nessuna utilità”, si leggeva nel parere tecnico del 2007. Il fascicolo è rimasto fermo. Nessuno ha chiesto un confronto, nessuno ha cercato un nome. Fino a oggi.

Oggi, secondo la procura di Pavia, quella firma appartiene ad Andrea Sempio, 37 anni, all’epoca amico di Marco Poggi, fratello della vittima. A collegarlo a quell’impronta è una nuova consulenza tecnica, firmata dall’esperto del RIS Gianpaolo Iuliano e dal dattiloscopista forense Nicola Caprioli: “Quindici minuzie corrispondenti”, dicono. Tanto basta, in termini scientifici, per parlare di identificazione certa.

Il dato non arriva da solo. È affiancato da un secondo prelievo, fatto con l’antica tecnica dell’inchiostrazione, utile a escludere errori da scansione ottica. Sette campioni, tutti confermati. Un controllo che ufficialmente era stato archiviato come una correzione tecnica. In realtà, spiegano ora gli investigatori, serviva a blindare un accertamento potenzialmente decisivo.

Le implicazioni sono profonde. Secondo i consulenti, quel palmo destro, quello di Sempio, sarebbe stato impresso “in un punto estremamente vicino al cadavere di Chiara”. Su una scala che, quel 13 agosto 2007, solo l’assassino avrebbe potuto scendere. A firmare il documento che cambia la prospettiva è la squadra Omicidi dei carabinieri di Milano. Lo inviano al procuratore aggiunto Mario Venditti il 7 luglio 2020. Ma allora non succede nulla.

L’inchiesta riprende ora, mentre si lavora a un possibile scenario per la revisione del processo che ha portato Alberto Stasi alla condanna definitiva. Un nome nuovo emerge e con lui altri dettagli. A Sempio, nel corso delle indagini riaperte, è stato sequestrato materiale personale. Anche manoscritti, alcuni trovati tra i rifiuti. In uno di questi è annotata una frase: “Ho fatto cose così brutte che nessuno può neanche immaginare”. Parole che per gli inquirenti non sono solo inquietanti, ma forse rilevanti.

Quando al fratello di Chiara, Marco Poggi, viene mostrato il risultato del confronto palmare, ha una reazione istintiva. Sussulta. Poi, incalzato, ammette che Andrea potrebbe essere sceso anche in cantina. Una memoria che non aveva mai riferito prima, neppure un mese fa, quando aveva descritto l’amico come frequentatore solo della sala tv e della postazione computer.

Quelle scale furono già al centro di polemiche nel primo processo. Vi erano state trovate altre impronte: una apparteneva a un carabiniere, entrato senza guanti; un’altra a Marco stesso, fatto normale, era casa sua. Ma nessuno, in tutto quel tempo, aveva pensato di confrontare le impronte di Sempio con il reperto 33. Nessuno, fino alla squadra dei carabinieri di Milano guidata da Antonio Coppola e Fabio Rufino. Un’anomalia tra tante, in un’indagine che non ha mai smesso di sollevare interrogativi.

Ora che l’impronta ha finalmente un nome, resta da capire se avrà anche un peso. Sul passato e, forse, sul futuro del processo.