Il patto tra Andrea Gnassi e il mondo delle arti e dello spettacolo: alcune proposte per portare il modello Romagna a Roma come traino delle politiche culturali

Un patto tra Andrea Gnassi e l’universo della cultura, che passa dal contrasto all’instabilità lavorativa alla necessità di un maggior investimento da parte del Governo sul settore creativo, tra i più penalizzati durante la fase pandemica. Un impegno che il candidato alla Camera ha illustrato ieri (sabato 17 settembre) al Supercinema di Santarcangelo, davanti a una sala gremita di personalità del mondo della cultura. Una cinquantina di partecipanti che, nonostante il maltempo, non si sono voluti perdere un incontro che non è stato un semplice appuntamento, ma una vera e propria chiamata a raccolta delle arti del territorio.
Un’occasione per confrontarsi sul cambiamento e sul lavoro realizzato in questo decennio dagli artisti, dalle compagnie e dalle aziende culturali, di concerto con le amministrazioni: un modello virtuoso che, come un’onda, ha l’obiettivo di partire dalla Romagna e arrivare fino a Roma, travolgendola.
“Il modo migliore per non retrocedere di un passo di fronte alle nubi minacciose che si annunciano – dice Gnassi – è quello di spingere a fondo l’acceleratore su politiche nazionali e locali che vedano le arti e lo spettacolo al centro della vita delle persone, proprio quando le difficoltà economiche si fanno dure”.
Gnassi ha elencato alcuni spunti programmatici di partenza, sui quali garantisce da subito un impegno rigoroso, perché siano elementi al centro di un piano nazionale volto a valorizzare e sostenere i diversi comparti e le diverse professionalità che ruotano attorno alla cultura.
“Cultura come bisogno di tutti e per tutti – ha detto – creata e fatta fruire in tutti i suoi emisferi, colti e popolari, cosiddetti alti e supposti bassi, senza gerarchie di valore, in una dialettica virtuosa che in una terra interconnessa come la nostra ha già dato eccellenti risultati”.
Si parte, come punto iniziale, dalla lotta alla precarietà e alla protezione delle professioni intermittenti in campo curale. Dopo un lungo confronto con artisti e tecnici dello spettacolo il Pd ha presentato una proposta di legge a firma Orfini che finalmente è stata assunta dal Governo con legge delega. Interviene sulla intermittenza e sulla precarietà del lavoro artistico e tecnico prevedendo un’indennità di discontinuità, con la quale si riconosce che il periodo di non lavoro tra un’attività e l’altra è un lavoro preparatorio, di studio, che dev’essere coperto dal punto di vista della previdenza, maternità e protezione sociale. “Ora, però, serve che questa legge sia convertita con decreti attuativi entro la fine di novembre per essere operativa ed evitare la decadenza, che comporterebbe un voto di rinnovo da parte del parlamento, allungando di molto i tempi. Sarà questo uno dei primi impegni di vigilanza”, per dare al lavoro artistico la giusta dignità e rilevanza che merita.
Il secondo punto del programma prende le mosse da un altro dato di fatto: “le risorse pubbliche a favore della Cultura nel nostro paese sono nettamente inferiori alla media degli altri Paesi europei sviluppati. Non tutte le realtà culturali sono finanziate dal FUS, ma indubbiamente quel Fondo rappresenta il principale flusso di finanziamento pubblico a diversi comparti dello spettacolo, con i suoi 423 milioni di euro, lo 0,5% di tutta la spesa corrente dello Stato, l’inezia di 7 euro a cittadino, qualcosa che staziona molto al di sotto degli indici irrinunciabili di civiltà della collettività nazionale. Ci sono da correggere distorsioni e incongruità nella distribuzione dei finanziamenti, ma c’è prima di tutto un problema enorme di quantità delle risorse destinate alla cultura, che ne ha bisogno strutturalmente. In merito al FUS, oltre all’insufficienza del finanziamento, “serve intervenire sui criteri dei parametri del sovvenzionamento, oggi sempre più governati dall’algoritmo che da una valutazione di merito”.
Al punto tre si affronta poi il nodo del caro energia e del bisogno di un rinforzo economico che attenui il peso sui bilanci. Non può ripetersi quanto successo durante la pandemia, “quando teatri, cinema, mostre, musei e giacimenti culturali sono stati i più penalizzati in assoluto”. “Occorrerà vigilare perché nelle politiche di governo della crisi energetica e nei ristori sui costi delle bollette, la cultura non venga tenuta in coda alle preoccupazioni pubbliche. È stata questa la nostra chiara posizione durante tutte le fasi della pandemia, fatta propria in molti casi da interventi di compensazione del MIBAC. Per questi obiettivi anche oggi condividiamo e appoggiamo le azioni del Ministero e di Agis per un fondo di compensazione contro il caro bollette. Un obiettivo positivamente raccolto dal Ministro Franceschini con il recente Decreto Aiuti, su cui comunque sarà necessario vigilare per quanto concerne il sistema di distribuzione delle risorse”.
Quarto punto: agire non soltanto sull’offerta ma  anche sulla domanda. Lo stato deve adoperarsi con “politiche efficaci di promozione della domanda, soprattutto giovanile, facilitando l’accesso a teatro, ai musei, alle mostre, al cinema a migliaia di giovani non frequentatori abituali, con modalità che prevedano, ad esempio, sconti consistenti e bonus non solo per i 18enni come già stato fatto, per riportare la presenza di un pubblico rinnovato almeno ai livelli precedenti il 2020″.
Ultimo e quinto elemento, l’aspetto della rivoluzione verde che deve investire l’ambito culturale. “Un esempio può essere quello di Santarcangelo dei Teatri già certificato da Eco Events/Legambiente e di altri, ancora pochi, festival musicali. Non è semplice ma occorre imparare ad utilizzare buone pratiche e protocolli di comportamento per migliorare i dati della nostra ‘ecological footprint’. Le imprese culturali devono avere le risorse per poterlo fare, ma non lo possono da sole: il Governo deve assicurare la sua parte”.
“Ci metterò passione, conoscenza e amore per questa terra” con l’obiettivo di dare “produzione materiale all’immateriale”, chiosa Andrea Gnassi.