Nel piccolo “teatro” dei Tavolucci, dove il Monte Titano dovrebbe essere sinonimo di giustizia e ordine, si sta rappresentando una commedia nera degna di un copione kafkiano… Mi riferisco, ovviamente, al processo di appello che vede protagonista l’eroe dei giustizialisti biancazzurri del decennio scorso, oggi individuabili seguendo l’eco delle bestemmie che non trattengono ogni volta che leggono di un debito pubblico da un miliardo e passa che grava sulle loro teste. Ma, non mi stancherò mai di ricordarlo, chi è causa del suo mal, pianga se stesso!

Al centro della scena, di questa “piece” simil-teatrale, c’è Alberto Buriani, Commissario della Legge “sospeso”, il cui silenzio di fronte alle accuse è più rumoroso di un’orchestra stonata. L’avvocato Filippo Cocco, difensore di parte civile, Banca Centrale per esser precisi, nel processo di appello Buriani-Celli, come riportato da GiornaleSM ieri mattina (leggi qui), non usa mezzi termini: “Buriani non ha fornito spiegazioni convincenti” per azioni che sembrano uscite da un manuale del perfetto mistero. Una conversazione con con il dott. Drughera registrata di nascosto? Dove si chiedeva di denunciare per incutere timore. Fatto. L’hard disk del computer di Stato e il suo telefono cancellati come per magia? Fatto. Motivazioni capaci di convincere i legali avversi per questi gesti da spy-story di bassa lega? Zero, nada, un silenzio che potrebbe far invidia a un monaco zen.
L’Avv. Cocco, con il tono di chi ha smesso di credere alle coincidenze, rincara la dose: “In Italia, Buriani sarebbe stato arrestato sin da subito”. E non è difficile capire perché. Le accuse, pesanti come macigni, parlano di abuso di autorità e, secondo l’inchiesta della Commissaria Elisa Beccari, di un presunto ruolo come “braccio militare” in una presunta associazione a delinquere che avrebbe preso il controllo della governance di Banca Centrale, il processo ha preso il via lo scorso 8 maggio, arrivando a scrivere decreti di governo, AdessoSm, ovviamente… Questo gruppo, con Marino Grandoni come presunto regista e nomi come Daniele Guidi e Francesco Confuorti a tirare i fili, avrebbe trasformato sia Banca CIS che, conseguentemente, la massima istituzione di governance e vigilanza bancaria del Titano, in un circo finanziario, dove i milioni sparivano e le casse pubbliche sammarinesi finivano in rosso come un bilancio di una compagnia teatrale fallita.
Ma quando si tratta di spiegare perché abbia cancellato dati cruciali o registrato conversazioni come un detective dilettante, Buriani adduce bisbigli che, su quel “palco” convincono ben pochi. Un silenzio che, come sottolinea Cocco, rende “incompatibili” le sue azioni con la narrazione di un magistrato vittima di una persecuzione, come invece vorrebbe far credere.
E poi -non facciamo finta di dimenticarlo, come farebbe comodo tanti a Palazzo, forse quasi tutti quelli che ancora lo vivono- c’è il processo Mazzini, il pezzo forte del repertorio di Buriani. Un’inchiesta che, come un rullo compressore, ha schiacciato un’intera classe politica sammarinese, mandando in esilio politico Segretari di Stato, prime e seconde linee politiche e consiglieri senza aspettare condanne definitive. Coincidenza? A San Marino, le coincidenze sono rare come un giorno senza vento sul Titano.
Mentre i vecchi notabili raccoglievano i cocci, la coalizione Adesso.sm saliva al potere, accompagnata da un certo quotidiano che sembrava avere un abbonamento esclusivo alle soffiate di Buriani. Questo megafono mediatico, ma non da solo, sempre pronto a celebrare le sue inchieste, ha contribuito a dipingere i politici sotto accusa come colpevoli prima ancora di un verdetto, spalancando le porte a un nuovo establishment. E, guarda caso, proprio in quel periodo la presunta cricca di Banca CIS, secondo l’inchiesta Beccari e altri processi in corso o giunti a prime sentenze, prosperava, mentre il sistema bancario sammarinese affondava come una nave bucata.
La Democrazia Cristiana, già ai tempi di Adesso.sm, gridava al “gruppo sovversivo” al timone del Titano.
E le parole di Cocco, che inchiodano Buriani per il suo silenzio ostinato e l’assenza di giustificazioni che non suonino come una barzelletta, sembrano quasi un copione scritto per confermare quel sospetto.
Ma eccoci al gran finale, con il riflettore puntato su un magistrato che tace come un attore senza battute, mentre San Marino conta i cocci di un sistema bancario ridotto a un colabrodo. La domanda, cari lettori, è un dardo avvelenato: quanto ha pesato Buriani nel disastro sammarinese dell’ultimo decennio? Quanto le sue inchieste, come il processo Mazzini, hanno spalancato le porte a una cricca che ha saccheggiato Banca CIS e svuotato le casse pubbliche, mentre lui si nasconde dietro un silenzio che sa di complicità? Forse la risposta è sepolta in quel mutismo, o forse è scritta in grande, su un palcoscenico dove i burattinai ridono, i politici, quasi tutti, sembrano recitare un copione da mere comparse di quello stesso spettacolo e i cittadini pagano il biglietto.
Enrico Lazzari