
La Centrale Sindacale Unitaria tiene il punto sulla Finanziaria di Natale: “Il taglio delle buste paga dei lavoratori frontalieri è pesante”. E cifre alla mano, smentisce il Governo che ha tentato di negare la stangata con argomenti “confusi e completamente infondati”.
A Finanziaria approvata, sottolineano CSdL e CDLS, il Governo “ha sostenuto che la non applicazione ai redditi frontalieri dell’8,90% di esenzione del fiscal-drag verrà totalmente recuperata con la dichiarazione fiscale in Italia. Come dire: il danno non sarebbe per i lavoratori frontalieri, ma per l’erario italiano”.
La realtà è invece ben diversa: “Il recupero del credito di imposta, e cioè il recupero sulle tasse italiane di quanto già pagato a San Marino, funziona con un meccanismo che non permette il recupero totale delle somme, ma solo di una sua percentuale. Sono le cifre a parlare chiaro: un lavoratore frontaliero che ha un reddito lordo di 25 mila euro (il reddito medio del lavoro dipendente è di 24.900, al contrario dei lavoratori autonomi che dichiarano meno della metà), fino all’anno scorso ha pagato 679,26 euro di tasse a San Marino. Di questa cifra ha potuto recuperare 454,16 euro sul fisco italiano, con uno scompenso di 225,10 euro. Pari a una percentuale di recupero del 66,86%”.
“La musica cambia, e di parecchio – continuano le confederazioni sindacali- con le norme introdotte dalla Finanziaria di Natale. Lo stesso lavoratore con reddito lordo di 25 mila euro nel prossimo esercizio dovrà pagare 2.904,26 euro di tasse a San Marino, potendone recuperare in Italia solo 1.941,80 euro, con una differenza di 942,26 euro. La percentuale di recupero rimane la stessa, ma il taglio in busta paga è nettamente più pesante”.
In soldoni, insiste la CSU, a fine anno i redditi frontalieri saranno decurtati di 717,16 euro. “A questo punto ci chiediamo, e lo chiediamo all’intera classe politica, se questa palese discriminazione, sia solo frutto di una non conoscenza delle normative vigenti in Italia, oppure se sia invece una precisa volontà di scaricare un’ampia fetta del deficit sulle spalle di chi ogni giorno attraversa il confine per venire a lavorare e a creare ricchezza nel nostro Paese. Così come ci chiediamo come questo tipo intervento, con forti venature xenofobe, possa influire sui già difficilissimi rapporti con lo Stato Italiano, ed in particolare con le Regioni Emilia Romagna e Marche”.
“In merito poi all’accusa – conclude la Centrale Sindacale Unitaria – che ci ha rivolto nei giorni scorsi un quotidiano locale di aver avvallato, con la firma dell’accordo sul fiscal-drag, la discriminazione a danno dei frontalieri, è utile precisare che tale accordo è unicamente l’aggiornamento di uno strumento. Nello specifico, se il sindacato non avesse firmato tale aggiornamento, non solo avrebbe creato un danno economico anche ai lavoratori residenti in repubblica, ma non avrebbe potuto annullare il taglio ai redditi dei frontalieri che è stato deciso da una modifica della legge tributaria. Ancora una volta sono le cifre a fare chiarezza: l’accordo sul fiscal drag eleva dall’8,90% al 9% l’abbattimento fiscale, l’eventuale mancata firma avrebbe potuto agire solo sullo 0,10%, e non sul restate 8.90%, che sarebbe rimasto inalterato”.
Al contrario, “il nostro dovere è quello di intervenire sull’intera normativa, a partire dalla verifica di costituzionalità sul diverso trattamento previsto per i frontalieri, con il preciso obiettivo di annullare una norma che penalizza dei lavoratori in base alla loro provenienza, mettendo il nostro Paese in un imbarazzante posizione di fronte all’Europa e al Mondo”.