San Marino. La Sanità del Titano va “operata” d’urgenza: tra bisturi in libertà e malati cronici parcheggiati. Criticità enormi, ed è pure migliorata nel “dopo-Ciavatta” … di Enrico Lazzari

San Marino, Repubblica dalle antiche leggi e dalle moderne amnesie, ha sempre amato definirsi terra di diritti. E tra questi, il diritto alla salute è da sempre un cavallo di battaglia. Peccato che oggi quel cavallo sembri zoppo, cieco, e pure senza cavaliere. E, questa volta, non voglio riferirmi alle liste di attesa, drammatiche ai tempi della reggenza retina del Dicastero alla Sanità e oggi, grazie -presumo- all’arrivo del nuovo Segretario di Stato, in costante seppure non vertiginoso miglioramento. Ma le criticità accumulate nello scorso decennio sono tante. Forse troppe per poterle risolvere con un colpo di bacchetta magica… Ma bisogna almeno provarci perché il diritto alla salute è un dogma prioritario di ogni stato civile.

Prendiamo gli ultimi due episodi che hanno agitato – seppur blandamente, come accade quando la coscienza collettiva è sopita da anni di “eh vabbè, tanto è così” – l’opinione pubblica. Da una parte, una giovane donna finita in terapia intensiva dopo un intervento di liposuzione in una clinica privata sammarinese. Non una correzione soft da weekend, ma una roba da “plastica totale”. Comer apprendo da notizie diffuse nei giorni scorsi dai media sarebbe stata sottoposta a ben otto ore di bisturi, con 15 aree trattate, emorragia, arresto cardiaco, corsa a Rimini. Una liposuzione? No, se le cose stessero davvero come raccontate, un incubo con l’anestesia. La paziente, oggi sembrerebbe segnata da danni permanenti, ha avviato un’azione legale. E già qui basterebbe per porre un paio di domande serie: chi controlla queste strutture? Chi le autorizza? Chi verifica che in sala operatoria non si faccia il remake di Frankenstein con le pinze del discount?

Dall’altra parte, proprio mentre ci si interroga sulla sicurezza delle prestazioni private, arriva – ironia della sorte – un grido soffocato dai pazienti cronici. In occasione della Giornata Mondiale della Fibromialgia, l’Associazione Fibromialgici Sammarinesi denuncia che i malati devono pagarsi tutto di tasca propria: visite, terapie, integratori. E non parliamo di caviale e champagne, ma di cure basilari per vivere decentemente. Lo Stato, che in teoria dovrebbe prendersi cura di chi è più fragile, preferisce forse investire il budget altrove. Magari in nuove assunzioni pubbliche, o per allungare l’orario dell’Ufficio Filatelico. O, ancora, per creare e stampare manifesti di sensibilizzazione alla procreazione…

Siamo insomma davanti a due estremi dello stesso problema. Da un lato strutture private che operano -vien da pensare dopo la grave vicenda sopra citata- senza che nessuno si sogni di far partire controlli o ispezioni degne di questo nome. Dall’altro un settore pubblico che, quando si tratta di cronicità e malattie “invisibili”, si volta dall’altra parte. La salute, a San Marino, rischia di diventare un privilegio per chi può permettersela, e un rischio per chi si affida fiduciosamente al sistema.

Ma non finisce qui. Perché poi ci sono anche i malati neurodegenerativi: Alzheimer, demenze, declino cognitivo. Patologie che affliggono una fetta importante dei sammarinesi meno giovani. La scienza medica è ormai pressoché unanime nel riconoscere l’importanza di certi integratori – costosi – nel rallentare la progressione della malattia e nel ridurre l’atrofia cerebrale. Omega 3, colina, uridina monofosfato, fosfolipidi, antiossidanti, vitamine del gruppo B: nomi difficili, ma effetti concreti secondo gli studiosi. Eppure, se un malato vuole assumerli, sul Titano deve pagarseli da solo.

E se non può permetterseli?, vien da chiedersi… Deve forse rassegnarsi e accettare che la sua malattia progredisca più rapidamente rispetto a quella di un altro sammarinese malato come lui, ma ricco? Possibile che il sistema sanitario non riesca a distinguere un integratore da body building da uno che, in certi casi, è l’unica terapia possibile?

Capisco l’esigenza di contenere le spese pubbliche, ma codificare tutto con una norma cieca è da amministratori pigri e ciechi. Serve criterio, serve giustizia, serve buon senso. Un conto è il sammarinese che si compra l’integratore per reintegrare sali minerali persi sudando alla maratona, un altro è il malato cronico che ha solo quello per rallentare l’incedere dell’oblio.

Il punto è sempre lo stesso: manca una visione, manca il coraggio di differenziare, manca una strategia che tenga insieme equità e qualità. La sanità pubblica sammarinese – che un tempo era esempio per tutti – oggi arranca. Lo dimostrano i casi come quello di Bryan (leggi qui), i disagi quotidiani segnalati da decine di cittadini, le difficoltà operative che incontrano sanitari e parasanitari.

Certo, ci sono ancora eccellenze. Certo, tanti medici e operatori fanno miracoli con mezzi spesso inadeguati. Ma non si può campare di rendita. Il fiore all’occhiello comincia ad appassire, e serve un intervento deciso, chirurgico, radicale. Serve ridefinire uno ad uno tutti gli aspetti del servizio sanitario sammarinese, dai regolamenti alle forniture, non dimenticando le priorità, senza più ipocrisie e senza più scorciatoie.

Altrimenti continueremo a raccontarci che va tutto bene, che “siamo meglio dell’Italia” – come se fosse questo il traguardo – mentre il cittadino sammarinese si arrangia, paga, aspetta, spera. E nel frattempo, tra un bisturi impazzito e una compressa negata, la diagnosi è ormai evidente: la sanità pubblica ha bisogno urgente di una terapia d’urto.

Enrico Lazzari