Quando si decide di mettere mano alla così detta riforma dell’IGR, ovvero della imposta generale sul reddito, solitamente i governi hanno necessità di fare cassa per fare fronte alle esigenze generali e al mantenimento dei servizi di un Paese. Cosa che però mai verrà ammessa pubblicamente. In questi casi è molto più facile dire che, all’improvviso, è stato scoperto che il nostro sistema tributario necessita di maggiore equità.

Allora, come prima cosa, occorrerebbe un approfondito confronto sul significato di equità, perché l’equità di chi prende un buon stipendio rispetto a chi fatica ad arrivare alla fine del mese, probabilmente è molto diversa, per non parlare di chi di soldi ne ha a palate.
Quindi, a mio modesto avviso, invece di venire fuori estemporaneamente con le ultime novità, sarebbe meglio analizzare attentamente la situazione esistente, perché se l’intenzione è quella di eliminare le sperequazioni e di fare pagare un po’ di più a chi più ha, non credo che questo obiettivo possa creare seri problemi al tessuto sociale del Paese, anzi ne trarrebbe qualche vantaggio.
Analizzando poi la situazione esistente occorrerebbe compiere alcuni atti concreti che, soprattutto dovrebbero essere eseguiti in momenti di necessità, ma che, guarda caso, non arrivano mai. Passano gli anni, cambiano i governi, i Segretari di Stato, ma nulla succede. Ad esempio: recuperare quanto dovuto allo Stato da parte dei “furbetti” del settore tributario; chiarire fino in fondo la vicenda degli NPL per verificarne eventuali commistioni politica-affari e capire se i soldi sono stati elargiti agli amici degli amici con una ingiustificata benevolenza e se ci siano state precise responsabilità; provvedere ad una gestione del pubblico denaro oculata, attraverso una politica generale di revisione della spesa pubblica, che freni gli sperperi e razionalizzi gli interventi; bandire il clientelismo, che serve a pochi ma che produce solo impoverimento delle casse dello Stato; risparmiare una montagna di euro limitando le iniziative pubbliche inutili, che nulla portano alla nostra Repubblica in termini turistici, culturali e di immagine, ma che servono solo ad accontentare qualcuno; limitare le consulenze dilaganti e soprattutto, se proprio necessarie, affidarle a sammarinesi e non sempre allo stregone di turno che viene da fuori e solitamente alla fine lascia più problemi di quanti non ne abbia trovati al suo arrivo; concepire una P.A. al servizio dei cittadini, anziché i cittadini essere al servizio delle esigenze degli uffici; cominciare a parlare anche di doveri e non solo di diritti sarebbe quanto mai opportuno; avere nel cassetto un progetto di sviluppo e di opportunità da proporre in politica estera agli altri interlocutori internazionali, in modo da creare altri cespiti di entrata per le casse dello Stato. Ecco, se alla base della riforma ci fosse tutto questo, allora la parola equità assumerebbe un significato univoco e positivo, ma attualmente le cose non stanno così e quindi tutto diviene preoccupante, perché aumentare le tasse appare oggi essere l’esercizio più semplice e l’unico rimedio alle esigenze economico-sociali del nostro Paese.
Attenzione però, perché la situazione non è certo delle migliori. Infatti, i salari non aumentano di pari passo con l’inflazione, le pensioni sono ferme da anni e in questi ultimi due lustri, il potere di acquisto dei sammarinesi si è fortemente contratto, anche per l’aumento del carrello della spesa primaria e molte famiglie faticano ad arrivare alla fine del mese. Per contro le tariffe di gas, acqua ed elettricità sono balzate notevolmente in alto e per tanti fare quadrare i conti diviene sempre più difficile. Basti pensare che per quel che riguarda San Marino la Caritas fornisce supporto a famiglie e individui in difficoltà e nel 2023 sono state seguite circa 85 famiglie, tra cui 45 che ricevono pacchi alimentari e buoni spesa. Nel 2024, il Centro di Ascolto ha superato il numero di 90 famiglie, per un totale di 200 persone. 51 famiglie residenti (132 persone) usufruiscono mensilmente dei servizi Caritas. Sono indubbiamente dati che devono fare riflettere tutti noi.
Per cui è auspicabile che il Governo tenga conto di tutti questi fattori che compongono l’attuale momento storico e realisticamente, più che ad una utopistica equità, propenda eventualmente per un riequilibrio del sistema che, anche a San Marino, vede allargarsi la forbice tra coloro i quali sono più abbienti e coloro i quali necessitano di sostegno da parte delle associazioni caritatevoli, mentre anche la classe media sta correndo seri rischi di impoverimento.
Dunque, spremere semplicemente ed ulteriormente il limone esausto non sarebbe davvero la via maestra da percorre.
Augusto Casali