Tra le 97 misure cautelari eseguite nell’ambito della vasta operazione antimafia “Millennium”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, emerge anche un nome legato al territorio riminese: un imprenditore di 57 anni, originario del reggino ma residente da tempo a Cattolica, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di aver svolto un ruolo centrale di intermediazione per conto delle cosche calabresi.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’uomo avrebbe agito da “faccendiere”, ovvero da figura di collegamento tra le organizzazioni criminali e il tessuto economico e istituzionale, sebbene non risultino coinvolgimenti diretti nella provincia di Rimini. Il suo compito, delineato nelle carte dell’indagine, sarebbe stato quello di favorire affari per conto di esponenti di rilievo della criminalità organizzata calabrese, curando relazioni, opportunità commerciali e contatti strategici.
Le attività a lui riconducibili coprono un ventaglio ampio di operazioni illecite: dalla fornitura di dispositivi sanitari (mascherine e tamponi) destinati ad aziende sanitarie calabresi, all’acquisto e movimentazione di materiali edili come ponteggi, fino al riciclaggio di denaro tramite società a gestione cinese. Elementi che confermerebbero, secondo gli investigatori, la sua funzione di cerniera tra la criminalità e l’economia legale.
Il nome dell’imprenditore cattolichino si intreccia inoltre con quello di un 69enne ritenuto vertice della ‘ndrina Barbaro di Platì, residente formalmente a Rimini, dove possiede un piccolo terreno, pur vivendo stabilmente in Calabria. Proprio a Torre Pedrera, nel febbraio 2022, si sarebbe tenuto un incontro fra i due, inserito nel contesto delle relazioni operative tra i clan e i loro referenti sul territorio.
L’operazione “Millennium”, guidata dal procuratore Giuseppe Lombardo, ha smantellato un complesso sistema mafioso che, attraverso un’intesa trasversale tra cosche, avrebbe gestito il traffico internazionale di stupefacenti, estorsioni, sequestri di persona a scopo estorsivo, scambio politico-mafioso e detenzione di armi.
L’intervento, condotto dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria con il supporto delle forze territoriali di numerose regioni, rappresenta uno dei colpi più duri inferti recentemente alla ‘ndrangheta, confermando la sua capacità di infiltrarsi non solo nei territori di origine, ma anche nel cuore economico e imprenditoriale del Paese.