Myanmar e il commercio illegale  e disperato di organi (l’editoriale di David Oddone)

Il mondo è una polveriera. Tuttavia, spesso, ci si focalizza solo su alcune situazioni, tralasciandone completamente altre. Non dovrebbero esserci drammi di serie A e quelli di serie B. Anche e soprattutto quando si parla di bambini.
Odio le “classifiche”, quindi non starò certo qui a proporre paragoni o a indicare priorità.
Eppure farei torto a me stesso, al mio mestiere, se non condividessi con i lettori una recente inchiesta della CNN, che ha messo in luce una realtà crudele e straziante: in Myanmar, uno dei Paesi più poveri dell’Asia, le persone sono costrette a vendere i propri organi per sopravvivere.
Il fenomeno, in costante crescita negli ultimi anni, è una risposta disperata a una crisi economica e sociale che ha portato quasi la metà dei 54 milioni di abitanti del Paese sotto la soglia di povertà. La vendita di reni è diventata una via di fuga per molti cittadini, intrappolati in un ciclo di indigenza perpetua, esasperato dalla repressione politica e dalla crisi sanitaria seguita al colpo di stato militare del 2021.

 

Il collasso economico e sociale del Myanmar

Il colpo di stato del 1° febbraio 2021, che ha portato l’esercito al potere, ha sconvolto una società già segnata da conflitti e tensioni interne. Le conseguenze sono state devastanti: l’aumento della povertà è raddoppiato dal 2017, la disoccupazione è salita a livelli record e l’inflazione ha reso i beni di prima necessità inaccessibili per molte famiglie. In questo contesto, vendere un rene è diventato un “male necessario” per chi, come Maung Maung e April, due dei tanti cittadini intervistati, ha scelto di sacrificare la propria salute per garantire la sopravvivenza della famiglia.
La decisione di vendere un organo non è solo una scelta disperata, ma anche una violazione dei diritti umani e un sintomo di una crisi più profonda. Tale scelta estrema riflette l’assenza di un sistema di protezione sociale adeguato e l’incapacità dello Stato di garantire condizioni di vita dignitose. Inoltre, l’accesso a cure sanitarie è fortemente limitato: le risorse sono scarse, i medici sono pochi e molti sono stati costretti a fuggire o a nascondersi per evitare la repressione della giunta militare. In questo scenario, il commercio illegale di organi appare come una delle poche opzioni disponibili.

 

Il ruolo dei social media e il fallimento della regolamentazione

Un aspetto inquietante della vicenda è l’uso dei social media come piattaforma per la compravendita di organi. Nonostante le norme – ovviamente – vietino esplicitamente il commercio di parti del corpo, i gruppi social dedicati al commercio di reni continuano a proliferare. Le multinazionali che dovrebbero vigilare hanno dichiarato di aver rimosso alcuni gruppi in risposta alle segnalazioni, ma il fenomeno è ben lungi dall’essere sotto controllo. Ciò dimostra non solo l’inadeguatezza delle misure di regolamentazione delle piattaforme social, ma anche la capacità di queste tecnologie di amplificare e facilitare comportamenti illegali in contesti di disperazione.

 

Le complicità e le contraddizioni del sistema

Il commercio di organi è illegale sia in Myanmar sia in India, dove molti cittadini birmani si recano per vendere i loro organi. Tuttavia, secondo l’inchiesta di CNN, esistono delle falle nei sistemi di controllo che rendono possibile questo traffico. Le autorizzazioni per le operazioni di trapianto sono teoricamente rigide, ma nella pratica i documenti falsi e le dichiarazioni mendaci spesso riescono a passare inosservati o sono tacitamente tollerati. Il coinvolgimento di avvocati, notai e persino funzionari delle ambasciate e degli ospedali suggerisce l’esistenza di una rete di complicità che opera al confine tra il legale e l’illegale.

 

L’urgenza di un intervento internazionale

La situazione richiede una risposta urgente e coordinata da parte della comunità internazionale. Gli organismi internazionali, le ONG e i governi dei Paesi coinvolti devono intensificare gli sforzi, rafforzando le normative e migliorando le pratiche di controllo e autenticazione dei documenti. Inoltre, è cruciale che venga prestata attenzione alle cause profonde della crisi, tra cui l’instabilità politica, la povertà diffusa e la mancanza di accesso alle cure sanitarie. Il Myanmar, in particolare, ha bisogno di un sostegno internazionale per porre fine alla repressione e al collasso economico che stanno spingendo i suoi cittadini a compiere atti disperati.
Per quanto riguarda il Titano, una delegazione del Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani (GRETA) ha effettuato una visita di valutazione a San Marino dal 18 al 20 dicembre 2023, nell’ambito del terzo ciclo di valutazione della Convenzione sulla lotta contro la tratta di esseri umani.
Motivo in più, in vista della prossima valutazione, per fare sentire la nostra voce a livello internazionale, al fine di promuovere soluzioni sostenibili, mirando a stabilizzare il Paese e a garantire i diritti fondamentali di tutti i suoi abitanti.

 

Una scelta tra la vita e la morte

La vendita di organi in Myanmar è molto più di un problema legale o etico: è una questione di vita o di morte per chi vi è coinvolto. Maung Maung, April e molti altri sono vittime di un sistema che ha fallito nel fornire alternative umane e dignitose. La comunità mondiale non può continuare a ignorare questa realtà. È necessario intervenire, non solo per fermare il commercio illegale di organi, ma per affrontare le radici di una crisi che continua a condannare milioni di persone – fra cui tanti bambini – a una vita di sofferenza e privazioni.

David Oddone

(La Serenissima)