Diciotto anni dopo il delitto di Chiara Poggi, il lavoro degli investigatori continua tra conferme e nuovi interrogativi. I recenti esami su decine di impronte digitali raccolte nella casa di via Gradoli, conservate su fogli di acetato, non hanno restituito materiale genetico utilizzabile per un confronto decisivo tra i sospettati. Tra queste tracce, in particolare l’impronta numero 10 sulla porta di ingresso, considerata in passato come potenzialmente cruciale qualora fosse stata impressa nel sangue, ha mostrato risultati negativi ai test ematici.
Questa impronta, già oggetto di una nota dei carabinieri di Milano cinque anni fa inviata alla procura di Pavia – senza però scatenare una riapertura delle indagini – aveva perso peso nell’attuale ricostruzione della dinamica dell’omicidio, soprattutto dopo i più recenti controlli. Le analisi confermano ora che la quantità di materiale biologico presente è troppo esigua per consentire un confronto genetico affidabile. Inoltre, le consulenze tecniche della procura hanno escluso che l’impronta appartenga ad Alberto Stasi, condannato in via definitiva a sedici anni per l’omicidio, così come al nuovo indagato, Andrea Sempio.
Proprio Stasi, intanto, ha ottenuto dalla Cassazione il via libera a mantenere la semilibertà concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Milano ad aprile, nonostante il ricorso della Procura generale, motivato dall’intervista che Stasi aveva rilasciato durante un permesso premio a marzo. L’ex fidanzato di Chiara Poggi, che ormai lavora fuori dal carcere di Bollate, potrà quindi proseguire nel beneficio della semilibertà.
La prossima settimana a Milano si terrà la terza fase dell’incidente probatorio. In agenda ci sono ancora esami cruciali: l’impronta di scarpa rinvenuta sul tappetino del bagno, che per la procura corrisponde a Stasi, tamponi effettuati sul corpo della vittima e l’analisi delle tracce di sangue trovate in casa. In particolare, l’attenzione è rivolta al Dna raccolto dalle unghie di Chiara Poggi, che potrebbe fornire un confronto con quello di Sempio, tema centrale dell’indagine coordinata dal procuratore Fabio Napoleone, dall’aggiunto Stefano Civardi e dalle pm Valentina De Stefano e Giuliana Rizza.
Gli esiti preliminari sembrano escludere la presenza di materiale genetico significativo da confrontare con chi frequentava la casa, a eccezione di pochi fogli di acetato con tracce troppo esili per ottenere profili genetici validi. La difesa di Sempio, rappresentata dall’avvocata Angela Taccia, sottolinea come gli accertamenti scientifici confermino la totale estraneità del suo assistito rispetto all’omicidio.
Nonostante questo, il lavoro degli esperti non si ferma. I carabinieri di Milano, insieme al consulente del Ris Gianpaolo Iuliano e al perito Nicola Caprioli, stanno ancora analizzando la parte dattiloscopica non inserita nell’incidente probatorio. Tra le tracce ancora al vaglio c’è anche la numero 33, rinvenuta sulle scale della cantina, che la procura ha già attribuito ad Andrea Sempio.
Il caso Garlasco si conferma dunque uno dei più complessi e articolati della recente cronaca giudiziaria italiana, con passaggi ancora da chiarire e sviluppi che continuano a tenere alta l’attenzione.