
«Il borsello trovato tra gli oggetti di padre Gratien Alabi, sequestrati dalla canonica nel settembre del 2014, non può essere di Guerrina Piscaglia. Al suo interno è stato trovato un assorbente diverso da quelli trovati nella casa della Piscaglia». Lo afferma il pool difensivo del religioso congolese, indagato per l’omicidio della casalinga sparita da Ca’ Raffaello l’1 maggio 2014. Le sorelle di Guerrina, una settimana fa, avrebbero confermato in aula che il portafoglio apparteneva a Guerrina. L’avvocato di Gratien, Riziero Angeletti, ha presentato un esposto per falsa testimonianza. «Oggi sarò ad Arezzo per raccogliere altri documenti – afferma – che servono per completare l’esposto e consegnarlo in procura. Le sorelle di Guerrina hanno riconosciuto il borsello solo oggi, dopo due anni. Nei primi interrogatori del 2014 non avevano detto nulla a riguardo. Bisogna andare con i piedi di piombo nel fare certe affermazioni. Ricordiamo che c’è un uomo che rischia l’ergastolo». Nonostante le pesanti accuse, padre Gratien è sereno. «La sua vita sta tornando alla normalità – dice Angeletti – nel convento di Roma dove risiede ai domiciliari, con la cavigliera elettronica. Celebra anche messa nella cappella interna e ci sta dando una mano nel ricostruire i fatti giorno dopo giorno». Venerdì si terrà una nuova udienza in tribunale. Questa volta Alabi sarà in aula. Tra i testimoni chiave che saranno ascoltati due ufficiali di polizia giudiziaria, che hanno svolto le indagini, e la catechista Giuseppina. La donna che denunciò la cattiva condotta di Gratien alla Curia e che il 10 maggio ricevette l’sms dal cellulare di Guerrina: ”Tu hai parlato male di un uomo di Dio mentre io sono scappata con il mio moroso.” Il Resto del Carlino