
Ci sono tante ragioni per inorridire e, soprattutto, per non minimizzare, l’esposizione, nel centro di Bologna, di un fantoccio raffigurante il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. La prima è, ovviamente, l’atto in sè, che sarebbe ributtante per la sua inumanità anche se fosse rivolto contro un cittadino qualunque. Che poi questo cittadino sia un presidente del Consiglio e, per di più, una donna (l’estrema sinistra non è contro i femminicidi?) rende il fatto ancora più grave. La seconda ragione è l’esposizione a testa in giù. Che rimanda alla «macelleria messicana» denunciata a suo tempo dal capo partigiano Ferruccio Parri: piazzale Loreto. Una delle pagine più inquietanti e vergognose della guerra civile del 1943-45. Se però allora questo evento poteva trovare, se non una sua giustificazione, una sua plausibilità, di recente Piazzale Loreto è diventato un mito per i cosiddetti antifascisti. E scriviamo cosiddetti perché questi figuri, ne siamo certi, avrebbero fatto vergognare Parri, ma anche Pertini, per non parlare di Carlo Rosselli. «Antifascisti» la cui mentalità violenta è direttamente proporzionale alla ignoranza della storia. L’esposizione a testa in giù rimanda insomma a una Italia che non vuole cambiare, legata ai miti consunti del fascismo e del comunismo. Anche se a commettere questo atto potrebbero essere stati dei ventenni. E qui vi è la terza ragione del disgusto. Parrebbe che i gentiluomini in questione facciano parte dei «collettivi» che, da decenni, accampano negli atenei italiani, solo ed esclusivamente nelle facoltà umanistiche, sociologiche e politologiche. Sono collettivi rossi, rossissimi, intolleranti e violenti, e l’ateneo bolognese è uno dei principali punti di ritrovo nazionale. Anni fa, ad esempio, bruciarono la porta dello studio del grande politologo, ed editorialista del Corriere della sera, Angelo Panebianco. Se il nesso tra collettivi universitari e gestori dei fantocci fosse confermato, le autorità accademiche bolognesi intenderanno non fare nulla? L’ultima ragione per essere inquieti è la sottovalutazione del gesto. Alcuni opinionisti hanno scritto, sui social, che in fondo la vicenda non sarebbe molto diversa da quando Salvini giocava con la bambola di Boldrini. Gesto disdicevole certo, ma che non mimava un omicidio. Poi qui è stato «esposta» Meloni, che pagliacciate del genere non le ha mai organizzate. Una sottovalutazione che ricorda quella, a inizio anni Settanta, quando, per i giornalisti di sinistra, le Brigate rosse erano «sedicenti». Si è visto come è andata a finire.
—
Fonte originale: Leggi ora la fonte