Rimini. 69 famiglie riminesi optano per l’istruzione parentale

Si registra un aumento di anno in anno di famiglie riminesi che scelgono l’istruzione parentale, cioè da casa, per le proprie figlie o i propri figli. Conosciuto anche con l’inglesismo ‘homeschooling’, questo fenomeno – sottoposto alla legislazione nazionale – indica tutte le forme di apprendimento e istruzione al di fuori del sistema scolastico curricolare pubblico o equiparabile ad esso.

Seppur le cifre rappresentino una piccola parte del totale delle studentesse e degli studenti, i numeri fotografano una tendenza costante, con un incremento decisivo dal periodo pandemico in avanti.

Se nel 2018/2019 si contavano solo un paio di casi, il punto di svolta è arrivato con l’emergenza Covid-19, quando diverse famiglie hanno iniziato a valutare alternative al percorso scolastico tradizionale. Da quel momento i numeri sono aumentati sensibilmente, con un picco nei primi anni post-Covid (51 nell’anno scolastico 2021/2022) fino ad arrivare, oggi, a 69 studentesse e studenti coinvolti nell’istruzione parentale.

L’istruzione parentale, nello specifico, è una modalità prevista dalla normativa italiana che consente ai genitori di istruire direttamente i figli a casa, assumendosi la responsabilità del percorso formativo. I genitori devono dimostrare di avere ‘le capacità tecniche o economiche’ per provvedere all’istruzione e i ragazzi sono tenuti a sostenere ogni anno un esame di idoneità per accedere alla classe successiva. Come confermato dai dati nazionali, non si tratta di un fenomeno solo locale, ma di un trend che sta lievitando il tutto il Paese, con sempre più genitori che inviano richieste di esonero dalla frequenza scolastica per avviare percorsi educativi alternativi, sia per quanto riguarda le primarie, le medie che il primo biennio delle superiori. Diverse le motivazioni alla base della scelta: dalla ricerca di una didattica più personalizzata, alla sfiducia verso il sistema scolastico tradizionale, fino a esigenze specifiche come problemi di salute o esperienze negative a scuola.

“Le cifre restituite dall’ufficio scolastico mettono in evidenzia un picco di richieste durante la pandemia da Covid che ha continuato a esercitare ‘appeal’ tra le famiglie anche negli anni successivi – è il commento della vicesindaca con delega alle politiche educative del comune di Rimini, Chiara Bellini –. Nonostante si tratti di percentuali modiche rispetto al totale delle iscrizioni, è ovvio che la scuola non si riduce in una trasmissione di nozioni tra professore e alunno, ma è uno spazio educativo molto più ampio in cui si sviluppano competenze sociali, emotive e relazioni che sono fondamentali per la crescita di ciascuno di noi. I banchi, le aule, i corridoi, le compagne e i compagni, le insegnanti e gli insegnati, tutto concorre a costruire un ambiente in cui a scuola non si imparano soltanto ‘cose da sapere’ ma i meccanismi della vita, come la collaborazione, il confronto con gli altri e con le diversità, il rispetto delle regole, il senso di appartenenza a una comunità. In una società in cui si è sempre più isolati e probabilmente smarriti dietro a uno schermo, e in cui i ragazzi spesso si chiudono in una stanza, penso che la scuola – con il suo portato umano – sia un valore aggiunto insostituibile per stringere rapporti, conoscere sé stessi e sentirsi parte attiva di una collettività. Per questo crediamo che la scuola, con tutte le sue complessità, rappresenti un presidio irrinunciabile di educazione integrale fatta di socialità, amicizie, ‘affacci’, aneddoti ed esperienze da cui prende forma la consapevolezza civica delle persone”.

Comune di Rimini