Nessuna responsabilità, nessuna lesione: si chiude con un’assoluzione piena il procedimento penale a carico di un medico estetico della provincia di Rimini, accusato da una sua ex paziente di averle causato gravi danni al volto dopo un trattamento di fotoringiovanimento. Il tribunale lo ha scagionato con la formula più ampia: «per non aver commesso il fatto».
La vicenda giudiziaria risale al 2022, quando la donna, dopo essersi sottoposta a una seduta di luce pulsata in uno studio privato, aveva riferito di aver avvertito bruciore, dolore diffuso e alterazioni cutanee. Per questi presunti effetti, si era recata al pronto soccorso dell’ospedale Bufalini di Cesena, dove un referto parlava di edema e ispessimento dei tessuti molli in alcune aree del viso. Da qui la denuncia e una richiesta di risarcimento danni pari a 75mila euro, inoltrata alla struttura sanitaria.
Il medico, rappresentato in aula dall’avvocato Cristian Brighi, ha scelto fin dall’inizio di difendersi nel merito, affidandosi a una serie di consulenze tecniche per dimostrare l’infondatezza dell’accusa. L’intera procedura, secondo quanto ricostruito dalla difesa, era stata eseguita secondo protocollo e con il consenso informato firmato dalla paziente.
Una posizione condivisa anche dalla Procura, che — all’esito dell’istruttoria — ha ritenuto insussistente il nesso causale tra il trattamento effettuato e i disturbi lamentati, sollecitando l’assoluzione, poi confermata dal giudice in sede monocratica.
La sentenza preclude qualsiasi possibilità di risarcimento alla parte civile, che ora potrebbe trovarsi nella posizione opposta: dover rispondere di danno all’immagine. Il medico, infatti, sta valutando l’ipotesi di intraprendere un’azione legale contro la denunciante per tutelare la propria reputazione professionale, offuscata da un’accusa che la giustizia ha ritenuto infondata.
Un caso che riaccende il dibattito sui limiti della medicina estetica, ma anche sulle responsabilità civili e penali derivanti da accuse non supportate da riscontri oggettivi.