SAN MARINO. ARTICOLO COMPLETO – Vessazioni in stile mafioso dietro il racket delle badanti

Associazione a delinquere con metodologie proprie delle cosche mafiose. È questa la più grave ipotesi di reato formulato dall’allora giudice inquirente Simon Luca Morsiani, nel ruolo di titolare dell’inchiesta incentrata sul cosiddetto racket delle badanti.

Dopo le indiscrezioni trapelate nei giorni scorsi, la sconcertante vicenda inizia ad assumere contorni ben definiti. Tutto è iniziato il 22 febbraio del 2018, quando Alba Montanari presentò al Tribunale un dettagliato esposto finalizzato a denunciare una sorta di “caporalato” attinente alla gestione del business delle badanti all’interno dell’Ospedale di Stato. Una denuncia imitata una settimana dopo dal Movimento Rete che, a firma di tutti gli allora consiglieri, presentò un altrettanto particolareggiato esposto-denuncia sulla stessa problematica. Le indagini vennero affidate, come detto, al Commissario della Legge Morsiani e sarebbero tuttora in corso, seppure non più di competenza dello stesso Giudice.

Prima di abbandonare il fascicolo il Magistrato inquirente avrebbe – il condizionale è d’obbligo, essendo le nostre fonti di ambiente giudiziario ma non ufficiali- formulato durissime ipotesi di reato fra queste si evidenzia l’associazione a delinquere, forse, nelle sue azioni, con metodologie simili a quelle proprie della mafia, violenza privata, minacce, estorsione, intermediazione illecita sul lavoro.

Reati gravissimi che potrebbero costare ai registi di questa presunta associazione a delinquere anni e anni di prigione. Tra le “curiosità” è che uno dei firmatari dell’esposto depositato da Rete, all’epoca consigliere di opposizione, è quel Roberto Ciavatta oggi Segretario di Stato alla Sanità e, quindi, responsabile, seppur indirettamente, della gestione dell’Ospedale di Stato.

Non è dato a sapere ad oggi a chi, dopo la rinuncia di Morsiani, sia stato affidato il fascicolo d’indagine né si può conoscere con certezza, se le indagini abbiano apportato riscontri alle accuse denunciate.

Verosimilmente fra gli indagati dovrebbe figurare almeno una persona, una donna di origini straniere, che sarebbe stata il “coordinatore” delle badanti sfruttate in questo racket. Questa, infatti, avrebbe assegnato alle “sue” badanti lavori in cambio di una percentuale della paga da queste percepite, in un sistema che ricorda il famoso “caporalato” agricolo del Meridione.

Sembra che più alta fosse la percentuale che queste badanti fossero disposte a pagarle, più frequenti fossero i pazienti a queste assegnati. Certezze in ogni caso anche su questo aspetto non si hanno, non è infatti dato a sapere se il fascicolo d’indagine sia tuttora oggetto di approfondimento inquirente o se, invece, questo stesso fascicolo sia sotto un “dito di polvere” in qualche remoto cassetto del Tribunale Commissariale Civile e Penale della Repubblica di San Marino.

Eppure fare piena luce su questo, per ora soltanto presunto, racket delle badanti riveste caratteri di urgenza, perché le normative anti-Covid, che vietavano l’accesso alle strutture sanitarie per tutto il personale non sanitario, hanno risolto il problema ma, queste stanno per essere revocate e il problema potrebbe ripresentarsi anche nella gravità denunciata nei due esposti. La Serenissima

  • Le proposte di Reggini Auto