San Marino. Conflitto Ucraina – Russia: si rischia una grande guerra … di Alberto Forcellini

Nella seduta consiliare che comincia oggi, al comma 14 è prevista la ratifica dell’Accordo tra il Governo della Repubblica di San Marino e il Governo della Federazione Russa sulle condizioni dell’esenzione dall’obbligo del visto d’ingresso per i viaggi reciproci dei cittadini dei due Paesi. L’accordo era stato firmato a Stoccolma il 2 dicembre 2021.

Sarebbe una buona cosa, se non fossimo nell’anticamera di una guerra guerreggiata, dopo che fino a qualche giorno fa eravamo di fronte a una guerra di nervi, di terrore psicologico, fatto da migliaia di militari in assetto da guerra posti da Putin al confine russo e pronti ad attaccare in ogni momento. Un’evenienza che lo stesso Biden riteneva comunque “molto probabile”.

Poi la situazione è precipitata. Con una mossa a sorpresa, Putin ha dapprima annunciato il riconoscimento dell’indipendenza delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, per poi ordinare l’invio di truppe nella regione del Donbass con lo scopo, è la versione del Cremlino, di “assicurare la pace”. In un discorso lunghissimo pronunciato lunedì sera e rilanciato da tutti i media, il presidente russo ha ribadito “L’Ucraina è parte della storia della Russia” e poi: “Un ingresso dell’Ucraina nella Nato è una minaccia per noi”. Immediata la ferma condanna di Usa, governi europei e Ue, che ritengono “inaccettabile” la decisione di Putin. Pura propaganda in puro stile sovietico, hanno chiosato i commentatori.

Negli ultimi giorni abbiamo sentito parlare molto del territorio del Donbass come fronte caldo del conflitto con diversi disordini tra gli indipendentisti filorussi e le forze filoccidentali di Kiev. Un territorio tornato a galla ora nella cronaca mondiale, ma da anni teatro di scontri che hanno dato vita ad una lunga guerra, ma silenziosa. Al confine ormai tutti sono addestrati all’uso della armi. Una maestra ha spiegato che i ragazzini ormai riconoscono i calibri a seconda del fischio: più forte se è un 122 mm, più attutito se è un 82.

Il territorio del Donbass è inoltre secondo l’Onu uno dei più grandi campi minati della terra: un milione e 600 mila ettari di terreno chiuso in trappola.

Il territorio del Donbass è fondamentale per la Russia per una serie di aspetti. Sia economici visto che è la regione delle grandi miniere di carbone, tesoro delle acciaierie legate a Mosca. Sia perché permette alla Russia di mantenere il controllo sul Mar Nero e l’accesso verso i mari caldi. Per questo è molto importante per Putin mantenere il controllo di quell’area con una folta presenza di persone che si sentono di appartenere alla Russia. Difatti parlano ancora quella lingua e non l’ucraino diventata nel 1996 lingua nazionale.

Ma tutta l’Ucraina ha un’importanza economica enorme, in quanto possiede ingenti risorse naturali. È ai primi posti della classifica mondiale per l’estrazione di: uranio, titanio, manganese, mercurio, shale gas (gas da argille) e carbone. È anche un grande Paese agricolo, tanto che è in grado di soddisfare il fabbisogno alimentare di 600 milioni di persone. Dal punto di vista economico, ecco perché fa gola all’Occidente e all’Oriente.

Putin punta alla stabilizzazione di uno Stato cuscinetto come preludio ad un cambio di regime a Kiev. Cioè punta ad un governo amico della Russia e si dice pronto a sopportare le sanzioni dell’Europa. L’Europa infatti parla solo di sanzioni.

La verità è che l’Europa è stata poco lungimirante sulla politica energetica ed è disinteressata a politiche di difesa. Quindi ha le armi scariche mentre, mentre il presidente russo Vladimir Putin ha già vinto sul fronte diplomatico, dimostrando di essere ancora una volta determinante nelle relazioni tra Occidente e Oriente, e più in generale tra due parti di mondo che da sempre faticano a parlarsi, tentando di spartirsi zone di influenza sempre più ampie. Destabilizzando l’Ucraina, si è garantito che questa non entrerà nella NATO.

Intanto le Borse calano a picco e se Mosca riceverà sanzioni molto pesanti, l’Occidente pagherà un prezzo ancora più salato. Le sanzioni faranno più male a noi che alla Russia, che è diventata sempre più autarchica e meno vulnerabile. Il rischio sempre più vicino è che il petrolio (già carissimo) possa toccare i 150 dollari al barile contro i 92 attuali e il prezzo del metano possa crescere a ruota libera.

Gli effetti di un boicottaggio della Russia, l’abbiamo visto coi vaccini. L’Ema non ha riconosciuto lo Sputnik e i turisti russi non sono più venuti in Europa. Il danno è stato enorme, soprattutto per la riviera adriatica.

La storia è ancora tutta da scrivere, e forse anche quella delle speranze di ripresa economica post pandemica. Sempre ammesso che non si entri ufficialmente in guerra.

a/f