San Marino. Debito pubblico: non c’era già? La differenza è che ora lo si sta pagando … di Alberto Forcellini

L’allarme sul debito pubblico è costante, ma quasi mai quello che viene gridato dagli strilloni dei giornali, corrisponde a verità.

Cominciamo con il debito di Cassa, i famosi 500 e passa milioni di deficit nel bilancio firmato da Nicolino Romito (montepaschiano), con Celli alle Finanze, Renzi agli Esteri, eccetera, eccetera. Tutto messo in carico allo Stato per 25 anni con il famoso 5 ter. Un cappio intorno alla gola per un quarto di secolo. Una perdita perenne. L’obiettivo era di affossare Cassa per sempre, oppure di dare a qualcuno la possibilità di comprarla per un euro.

La nuova governance di Carisp, voluta da questo governo, ha messo in opera uno strumento finanziario, previsto dalla legge, usato frequentemente da banche e assicurazioni, che ha messo in bonis il bilancio di Cassa, tornato in attivo dopo 12 anni. Il titolo irredimibile (ormai abbiamo imparato a conoscerlo) oggi viene usato a garanzia di investimenti e produce interessi attivi per la banca.

Poi c’è la storia di BNS, nata dalle ceneri di banca CIS, che è più complicata, ma che raccontata in parole povere evidenzia un salvataggio da parte dello Stato nei confronti dei risparmiatori per 205 milioni di obbligazioni, più altri 100 garantiti dallo Stato. Il tutto con la benedizioni del Fondo Monetario Internazionale. Ma anche questo è un debito che ha nomi e cognomi.

I 500 milioni di debito previsti con la finanziaria del 2020. In questo caso siamo di fronte ai 340 milioni dei Titano Bond, da ripianare nel 2023; più i 150 milioni del famoso prestito ponte (Cargill) restituiti nel novembre 2021. La finanziaria dello stesso anno sostituisce quel prestito con 130 milioni di titoli di Stato destinati al mercato interno, di cui 50 appena emessi, più 20 milioni per l’acquisizione di immobili da destinare ad uso pubblico. Sono sempre 150 e sono sempre parte dei 500 previsti nel 2020, niente di più.

I soldi dei Titano Bond sono stati spesi: 95 più 55 milioni per chiudere debiti pregressi con le banche (fatti dal passato governo); 55 milioni (29 più 26) sono andati in Cassa di Risparmio per chiudere i buchi prima dell’avvento del titolo irredimibile. Quello che rimane dei 340 milioni è stato usato per chiudere i buchi di bilancio, che come è noto ha un deficit strutturale intorno ai 70 milioni annui.

Cosa se ne ricava da queste note? Uno, che i debiti c’erano, ed erano enormi, frutto delle passate politiche finanziarie con un’aggravante per Adesso.sm che ha sempre appoggiato la cricca (vedi relazione della Commissione di inchiesta). Due: questo governo li sta pagando nonostante due anni di pandemia, che ha sconquassato i sistemi finanziari di mezzo mondo, ha messo in ginocchio le attività private e i sistemi di welfare. Tre: per due/tre/quattro anni siamo andati avanti con una liquidità al lumicino, che non garantiva il pagamento di stipendi e pensioni. Oggi la liquidità supera i 50 milioni, e non c’è più l’acqua alla gola come durante il passato governo.

Quattro: gli interventi adottati sono di tipo difensivo, finalizzati cioè a contenere e a riparare i danni (fatti da altri), e non ad una strategia di tipo costruttivo, cioè a sostenere gli investimenti e creare lavoro. Questo sicuramente è l’aspetto che appare più criticabile ma che può essere corretto solo con le riforme (pensioni e IGR sono le più urgenti) e con una solida politica economica in grado di facilitare l’impresa e sostenere gli investimenti privati.

Ora, perché dopo due anni e mezzo di nuovo corso, le riforme non sono ancora pronte? La risposta potrebbe sembrare un po’ banale e scontata, ma è bene ribadirla perché riguarda ancora i due anni di pandemia scoppiati in un contesto locale totalmente disastrato, dove la politica costruttiva ha fatto molta fatica ad affermarsi di fronte alla politica del “muoia Sansone con tutti i filistei”.

Tuttavia, rispetto ad un recente passato, quando San Marino, era tutti i giorni sui giornali per gli scandali finanziari e per le banche in default; quando la sua immagine internazionale era pari a zero e nessuno avrebbe scommesso neanche un soldo bucato sulla credibilità, sicuramente qualcosa è cambiato. Ora bisogna prepararsi ad un autunno che sarà molto caldo, non tanto dal punto di vista meteo quanto per problemi come l’inflazione, le risorse energetiche, l’andamento della pandemia, la crisi geopolitica mondiale. Già si parla di tempesta perfetta: meglio attrezzarsi e stare forti.

a/f