C’è un momento, nella vita di un Paese, in cui il coraggio non sta nel correre, ma nel sapersi fermare.
E riflettere.
Oggi San Marino vive uno di quei momenti. Mentre il nostro percorso verso l’Accordo di Associazione con l’Unione Europea si avvicina a una tappa decisiva, si apre, con forza crescente, il dibattito sulla doppia cittadinanza.

Non è una discussione tecnica, né un semplice atto legislativo. È una domanda che tocca la sostanza stessa di chi siamo, di come vogliamo essere, di quale spirito vogliamo consegnare ai nostri figli.
La cittadinanza non è, e non deve mai diventare, una formalità da sbrigare in fretta in un ufficio pubblico. Non può ridursi a un foglio timbrato, a una bolla di carta, a una pratica tra le tante.
Diventare sammarinesi è, e deve rimanere, un atto solenne, vibrante, carico di emozione e di rispetto.
Un percorso di riconoscimento reciproco, dove chi entra sente l’onore di far parte di una storia millenaria, e chi accoglie avverte la responsabilità di custodirla.
Per questo, la fretta – come spesso accade in politica – non è la nostra alleata.
La fretta spinge a semplificare, a contrapporre, a dividersi.
Ma San Marino, oggi, ha bisogno del contrario: ha bisogno di unità, di riflessione, di pazienza. Ho letto, e condivido nel suo spirito, l’intervento dell’Avv. Luigi Lonfernini, una delle voci più autorevoli del nostro tempo politico. Le sue parole richiamano al senso di responsabilità, alla necessità di non spezzare il legame fra cittadinanza e appartenenza, fra diritto e identità. Lonfernini ci invita a custodire quel tratto unico che ci distingue: essere comunità prima ancora che Stato, essere legame prima ancora che territorio.
Da sempre, chi mi conosce sa, non ho mai avuto timori verso una maggiore integrazione dei cittadini stranieri nella nostra Repubblica. Sarebbe illogico, persino ingiusto, per un popolo di migranti come il nostro, pensare di chiudersi nei suoi 61 chilometri quadrati. Ma proprio perché siamo figli di una storia di apertura e di libertà, dobbiamo trattare questo tema con rispetto, senza trasformarlo in una battaglia di schieramenti, senza cadere nella trappola del “noi contro voi”.
La cittadinanza non può diventare terreno di scontro o bandiera di parte.
Deve essere un terreno di incontro, di costruzione comune, di un NOI vero e collettivo.
Per questo credo che prima di qualunque proposta di legge, serva uno studio serio, rigoroso, anche comparativo. Andorra, ad esempio, piccolo Stato come noi, ha saputo bilanciare apertura e tutela, conservando la propria sovranità senza rinunciare all’inclusione. E serve anche attendere che il nostro percorso di Associazione con l’Unione Europea si compia, per armonizzare le nostre scelte future con quelle regole che inevitabilmente arriveranno. Perché San Marino deve entrare in Europa da Stato sovrano, non come un comune di provincia smarrito tra molti.
A chi vuole difendere la sammarinesità, e a chi aspira a farne parte, rivolgo allora un pensiero semplice ma profondo:
San Marino è terra di libertà, di orgoglio, di storia viva.
Non possiamo permettere che diventare sammarinesi sia un atto burocratico, svuotato di senso.
Dobbiamo preservare l’onore che il nostro passaporto, il più antico del mondo, rappresenta:
un documento che è, prima di tutto, un’emozione, una memoria, un destino condiviso.
Difendiamo dunque con cura questo tesoro. E ricordiamoci che nella fretta si inciampa, mentre nella riflessione si costruisce.
Dopo il nostro accordo europeo, questa riflessione maturerà dentro un contesto nuovo, innovativo, che forse cambierà molte esigenze. Ma non cambierà mai la responsabilità delle scelte sovrane che ci spettano. E sarà allora, con ancora più consapevolezza, che sapremo custodire la grandezza della nostra cittadinanza: non come una formalità da distribuire, ma come una bandiera da meritare.
Lorenzo Bugli
Consigliere della Repubblica di San Marino