San Marino, 2025. Il Titano si spaccia per terra di equità, ma solo se hai il passaporto sammarinese o un collare griffato. I residenti? Coccolati con contratti d’oro, tutele che sembrano regali di Natale e buste paga che cantano “sei a casa”. I frontalieri? Benvenuti al rodeo: tasse doppie che ti strangolano, moduli da decifrare con una laurea in pazienza e un sistema che ti guarda come un ladro di biscotti. Uguaglianza? Una barzelletta che non fa ridere, raccontata da chi non ha mai varcato il confine con un cartellino da timbrare.
Guardiamo la busta paga, tanto per ridere. Un sammarinese si ritrova con una ritenuta fiscale leggera, detrazioni SMaC che sembrano coupon e un netto che gli lascia il sorriso. Un frontaliere? Stessa ritenuta in partenza, ma poi arriva l’IRPEF italiana, che ti morde come un pitbull. La franchigia da 10.000 euro è un cerotto su una gamba rotta: paghi più tasse, ti resta meno netto del collega sammarinese che lavora di fianco a te, e le detrazioni? Quelle le sogni, tra una dichiarazione dei redditi e un caffè amaro. È un giochino fiscale cresciuto nel disinteresse del Titano e di Roma, che premia chi è nato sotto le torri e pesta chi fa girare l’economia. Equità, dicevamo?

E non è solo questione di soldi. San Marino cavalca con entusiasmo quell’uguaglianza “woke”, vizia i suoi animali con leggi che sembrano uscite da un reality: crocchette bio, veterinari da Oscar, cucce che farebbero invidia a un hotel. Per i frontalieri, invece, il futuro è un’odissea di bollette fiscali e promesse che si sciolgono come neve al sole. Woke? Sì, è doveroso… Parità fra stessi lavoratori? Mica sono minoranze di cui tutelare la pari dignità! Grazie, lasciamo i sermoni a chi campa di selfie. Qui si parla di giustizia, quella che manca a chi sgobba per il Titano ma viene trattato come un ospite scomodo, un ladro di lavoro che danneggia il sammarinese che non lo cerca.
Nelle aziende, la farsa continua. Sammarinesi in corsia preferenziale: promozioni, sorrisi, futuro assicurato. Frontalieri a fare i giocolieri: turni infami, contratti che ballano il tango e la sensazione di essere un bullone usa e getta. Il Paese si regge anche sul loro sudore, ma guai a dar loro un posto al tavolo: meglio un comunicato stampa e un “ci stiamo lavorando”. Lavorando a cosa? A nuove cucce termiche o a nuove follie “woke”?
E poi c’è questa nuova Associazione Frontalieri, un manifesto di speranze senza un nome sopra. Sono certo che nascerà, ma chi la guiderà? Mistero, come se anticipare il nome di qualche promotore fosse un reato. Vi dice niente Tiziano Arlotti? Anni fa capitanava i frontalieri contro le tasse, sventolando bandiere di equità. Qualcosa ha fatto: una franchigia, una moratoria… Troppo poco. E poi? È salito sul treno per Roma, deputato PD, mentre i frontalieri sono ancora qui, a contare le tasse e a chiedersi che fine abbia fatto quell’associazione di un tempo dopo aver aperto al suo leader la strada per il vitalizio – metaforicamente, intendo, non so se lo abbia davvero. Non dico che fosse un piano, ma quando il tuo paladino finisce in Parlamento e tu sei ancora al punto di partenza o poco più in là, un sopracciglio lo alzi.
E se, come si rivelò nelle conquiste la precedente, anche questa associazione fosse un altro “specchietto per le allodole”? Un trampolino per qualcuno che sogna una carriera nei palazzi romani che contano, o una bandiera per la sinistra che vuole fare la voce grossa contro Meloni, come ai tempi che furono contro Berlusconi, Fini e “camerati moderni” vari? Non sarebbe una novità: le cause giuste sono ottime pedine per chi cerca riflettori. Intanto i frontalieri aspettano, tra buste paga alleggerite e diritti che sembrano miraggi, mentre i capi senza volto promettono rivoluzioni che non decollano.
Basta, San Marino. Basta, Roma. Nel 2025 non si può più accettare che la dignità dipenda da un confine. I frontalieri non sono comparse, sono il motore di questo Paese. Serve una rivoluzione, non una carezza: via la burocrazia che soffoca, via le tasse che discriminano, via questo sistema che vizia i cuccioli e bastona chi lavora. Se per un Chihuahua trovi una legge, trovane una anche per chi ti fa ricco.
Assofrontalieri, mostratevi. Nomi, facce, fatti… Multicolore, e non intendo dei colori “woke”. Non vogliamo promesse che svaniscono come i sogni di gloria di certi eroi. E a San Marino diciamo: svegliati. Un Paese che coccola i gatti, ma chiude gli occhi verso le diverse condizioni dei suoi lavoratori, spremendoli fino all’osso, non è un faro di civiltà.
È solo un canile di lusso, una terra di ipocrisia.
Enrico Lazzari