Ciò che ciascuno può pensare, a livello politico, morale o etico dell’attività di Amazon è interessante, ma di nessuna utilità nell’ambito dell’azione politica razionale di un governo.
La necessità che viene espressa dai cittadini di ricevere merce Amazon a casa propria è comprensibile, ma è parimenti comprensibile – e anzi, doveroso – pretendere il pagamento dell’imposta sulle importazioni (monofase) dei beni acquistati presso Amazon.
La situazione attuale è la seguente: chi vuole acquistare da Amazon a San Marino lo può fare, facendo arrivare la merce in Italia o “truccando” l’indirizzo sammarinese facendolo risultare in Italia. In un caso come nell’altro lo stato non incassa alcunché (o la merce è spedita in esenzione o viene versata IVA all’Italia).
L’impegno del governo, tutto, dovrebbe essere quello di manifestare concretamente ad Amazon, come a chiunque altro, la necessità di adempiere al pagamento delle imposte indirette dovute alla Repubblica, esattamente come avviene in tutti gli altri Paesi in cui vende (in Italia paga l’iva italiana, in Francia quella francese e così via).
I problemi più o meno personali fra i congressisti non dovrebbero essere argomento di pubblico dibattito, ma di risoluzione all’interno del Governo, che deve tutelare senz’altro il diritto dei consumatori sammarinesi, ma anche garantire rispetto della nostra legge e dei nostri interessi fiscali (ogni anno la monofase mancante potrebbe essere quantificata in milioni di euro, a mio parere).
Il tutto nella consapevolezza che cercare di “bloccare” o “ostacolare” l’e-commerce è un tentativo destinato al fallimento, specie se si è uno stato enclave di 62 kmq.
P.S. La faccenda della gestione dati di Amazon Web Services e del relativo memorandum non è strettamente attinente alla “questione pacchi”, che non afferisce alle AWS.
Giovanni Zonzini