Siamo alle prese con una società che cambia in fretta sulla spinta delle nuove tecnologie e della crisi economica. Le telecomunicazioni rappresentano sicuramente un asset, un investimento che può produrre valore per la collettività. Anche se non è certamente l’unico spazio da cui possono arrivare opportunità. Su questi temi si è concentrato il dibattito proposto nella puntata de ‘Il cantone delle botte’ di Sonia Tura in onda su Rtv mercoledì sera. A finire nel cantone delle botte è stato il segretario alle telecomunicazioni Andrea Zafferani che nei suoi interventi e rispondendo alla raffica di domande che gli sono state rivolte ha usato parole molto più caute rispetto a quelle di pochi giorni fa delle quali abbiamo dato conto nell’edizione di Repubblica sm di lunedì. Anzitutto a Zafferani è stato contestato il ritardo nella realizzazione della rete dello Stato che era stata annunciata per questo giugno. Ed è stata la stessa Sonia Tura ad incalzare il segretario Zafferani con queste parole: “Tutti in Italia pensano che a San Marino ci sia già il 5G”. “Si tratta di due cose diverse – ha specificato il segretario Zafferani – da un lato parliamo del progetto dello Stato di dotarsi di una rete propria da dare in affitto a operatori attualmente non presenti in territorio che sarà primariamente una rete 4G e dall’altro parliamo di una sperimentazione che sta portando avanti Tim. Qui concordo sul fatto che ci possano essere state esagerazioni tipiche di una campagna di marketing che è stata fatta peraltro molto bene da Tim. Il ritardo nella realizzazione della rete dello Stato è dovuto al fatto che abbiamo ritenuto importante che a fronte di un investimento così grande venisse individuato anche un operatore o più operatori disposti a pagare un canone, valutare cioè anche il rientro dell’investimento”. Parole che hanno suscitato parecchie perplessità e che hanno fatto dire al capogruppo di Rete Gian Matteo Zeppa: “Per questo progetto lo Stato spende 12 milioni, affidandoli ad un operatore, Wind3, su una struttura che non c’è. E’ come avesse pagato il bollo su una macchina che non ha. Il tutto è avvenuto in maniera assolutamente illogica, in commissione finanze il presidente della Netco durante la sua audizione ha cercato di convincerci sulla bontà del progetto presentando delle semplici slide che mostrano come da qui a 5 anni ci saranno degli introiti per lo Stato. A me hanno sempre insegnato che nel mondo delle telecomunicazioni le cose cambiano dall’oggi al domani, così pare assurdo ragionare addirittura su un lasso di tempo di un quinquennio”. Per Matteo Rossi (Psd) “Il progetto è condivisibile ma la sensazione è sempre quella di vivere in un Paese fatto solo di slogan e continua campagna elettorale, c’è già una emissione filatelica sul 5G e non si riesce ancora a fare una telefonata. C’è poi anche un problema legato ai rischi per la salute umana, ci sono campanelli d’allarme che giungono dall’Europa e che non possono essere ignorati. Esporsi in questo modo anche a livello comunicativo ci sembra sia stata una cosa avventata. C’è un pericolo che qualcuno sta studiando. Prima di lanciarci in avanti potevamo aspettare i dati”. Nessuna rassicurazione su questo punto è arrivata dal segretario Zafferani che in questo caso non ha sbandierato alcuna certezza: “sul 5G la prudenza è di tutti, le preoccupazioni ci sono, abbiamo una normativa molto restrittiva, più di quella italiana, la normativa è sempre quella. Sotto questo aspetto questo è un principio di precauzione che risale al 2002, la normativa è lì. Il 5G è sperimentale è una tecnologia più legata al settore dell’industria, nel tempo non essere al passo con questa evoluzione potrebbe portarci un problema di competitività, questo tema ha un fortissimo legame con la capacità del Paese di attrarre economia”. Il consigliere di Ssd Alessandro Bevitori ha parlato di un’operazione win to win dove in pratica si vince sempre ma come si fa a vincere se poi dovessero esserci rischi per la salute umana? Chi è andato più in profondità nella spiegazione degli scenari legati alla tecnologia del 5G è stato Zeppa che ha detto: “Il 5G ha un cono che si stringe e va direttamente sul ponte radio. Deve essere irradiato in maniera molto più forte del 4G. E’ vero non ci sono studi. Ci sono onlus che fanno studi, il principio di precauzione non vuol dire rinunciare alla propria sovranità (penso peraltro che la sovranità non sia a livello delle telecomunicazioni). Perché, viene da chiedersi, vengono messi soldi pubblici dove manca la struttura, dove non ci sono dati sanitari? Le microcelle sono ad altezza uomo, io non so se facciano male, la strada giusta potrebbe essere quella di migliorare quello che c’è con le tecnologia che abbiamo adesso. C’è un business enorme sul 5G. Perché le compagnie investono su qualcosa che non ha struttura? Non avendo una lettura di insieme, la sovranità è in altri ambiti. Io parto dalle basi”. Concetti condivisi da un Segretario alle Telecomunicazioni che almeno a parole è parso molto più prudente: “In effetti la rete pubblica principalmente mira a colmare il gap delle tecnologie oggi in suo. Certo è che se dovesse svilupparsi la guida autonoma noi senza 5G saremmo isolati”.
