San Marino. Musei di Stato: un patrimonio pubblico da tutelare, conservare e far conoscere. Intervista al responsabile Mario Marchioni … di Angela Venturini

Facile dire: Musei di Stato. Più complesso è descrivere il progetto culturale, tecnico, organizzativo e strutturale che sostiene questa multiforme architettura, costola fondamentale degli Istituti Culturali. A gestirne la responsabilità organizzativa, ormai da tre anni, è Mario Marchioni, riminese, sposato in Repubblica.

Dottor Marchioni, in cosa consiste praticamente il suo lavoro?

Innanzitutto, dobbiamo garantire l’apertura delle sedi museali, la sistemazione e la sicurezza degli immobili, nonché la loro manutenzione. Attualmente sono dieci, con un personale che è rimasto pressoché invariato dal punto di vista numerico.

Vi si vede spesso impegnati anche in altre attività, quali in particolare?

Facciamo molte attività didattiche, sia per la scuola, sia per i turisti. In più teniamo relazioni molto strette con altre istituzioni, soprattutto quando ci sono ospiti illustri che vogliono visitare i nostri Musei, le Torri o la Basilica. Recentemente abbiamo avuto il Primo Ministro di Andorra e l’Ambasciatore di Israele. Frequentemente collaboriamo con l’Ambasciata d’Italia per l’allestimento di mostre. Ad esempio, abbiamo collaborato agli allestimenti per la mostra del “Liber Sancti Marini et Leonis” che è stata visitata anche dal Presidente Mattarella.

Avete personale specializzato per eventi di questa natura?

Certamente, ormai siamo ben organizzati per affrontare richieste anche molto delicate e complesse, come predisporre una teca super sicura per esporre un volume che è entrato a far parte della “Memoria del Mondo” Unesco. È un lavoro che non si vede, se non dai tecnici, ma che è fondamentale per garantire la buona riuscita di eventi di quella portata.

Uno dei vostri fiori all’occhiello è il laboratorio di restauro. Chi ci lavora?

Abbiamo tre restauratrici, molto attive, che intervengono sul nostro patrimonio: due per il restauro pittorico e dei tessuti, la terza per il restauro ceramico. Per i libri e i Codici, invece, la competenza è della Biblioteca e dell’Archivio di Stato. Un lavoro delicatissimo è stato appena terminato per restaurare la Pala del Menzocchi, che aveva rivelato screpolature con sollevamento dei colori. Attualmente due restauratrici sono impegnate a Borgo Maggiore, dove alcuni anni fa, nella Piazzetta di Sopra, era stato scoperto un affresco religioso che ora ha bisogno di alcuni interventi conservativi. Abbiamo chiuso da poco un cantiere allestito a Palazzo Pubblico, perché alcune perdite di acqua stavano compromettendo le decorazioni del soffitto dell’atrio.

Fate restauri anche per i privati?

Raramente, ma può capitare. Ad esempio, un paio di anni fa, in occasione della mostra San Marino – Cina, la statuetta di un guerriero di Xian cadde incidentalmente e rimase decapitata. L’intervento delle nostre restauratrici ha consentito di rimetterla a nuovo, come se non fosse successo niente.

San Marino non ha mai avuto palazzi con le cupole d’oro e pavimenti di marmo. Nei secoli passati, era una comunità molto povera e arretrata, in cosa consiste il nostro patrimonio artistico?

Vero, ma ci sono stati periodi veramente importanti dal punto di vista artistico, come quello delle Biennali di San Marino, negli anni ’50 e ’60. Purtroppo, quel meccanismo si è rotto e non mi sembra che ci siano le condizioni per ripristinarlo. Molte opere di quel periodo, circa un migliaio, sono rimaste qui: in parte sono esposte presso la Galleria Nazionale e cerchiamo di ruotarle periodicamente, scegliendo ogni volta un tema diverso. Circa 350 opere sono in giro per gli uffici pubblici e le Segreterie di Stato. Il resto è nei magazzini, con la precisazione che queste opere di arte moderna, non sono tutte di gran valore. Molte di esse appartengono ad artisti minori.

E le opere di arte antica?

In gran parte sono esposte nel Museo di Stato. Che fu inaugurato nel 2001 e che ora abbiamo in animo di ristrutturare. Non c’è l’aria condizionata e questo comincia a creare dei problemi per le opere, come le icone su tavola, che risentono tantissimo della presenza di umidità. In più, vogliamo rivedere il percorso espositivo, perché ci sono state recenti acquisizioni che non riescono a trovare spazio.

Acquisizioni di che genere?

Tutte le opere d’arte della Cassa di Risparmio sono state acquisite dallo Stato, ma sono ancora tutte presso la sede centrale. Tra queste opere, ce ne sono alcune molto interessanti, come un Cantarini attualmente prestato ad Urbino per una mostra dedicata a questo autore. Quando tornerà, vorremmo esporla.

Ovviamente non potremo mai competere con Roma, Firenze, Venezia e neppure con Urbino, ma quali sono i nostri tesori più belli?

Gli oggetti che abbiamo non possono sicuramente competere dal punto di vista artistico, ma quelli che mettiamo in mostra raccontano una storia peculiare, che ha tanto da dire. Cito a mo’ di esempio i reperti garibaldini, che al di là del valore intrinseco, raccontano una storia sicuramente molto singolare. Ma ne abbiamo molti altri che sanno raccontare l’unicità istituzionale della Repubblica.

Quello che dice è molto bello e molto giusto. Eppure, l’ingresso della Seconda Torre è stato snaturato con pesanti interventi rendendolo illeggibile dal punto di vista storico. Non si poteva fare diversamente?

Probabilmente si poteva fare un intervento tecnologico nell’area antistante, che è molto spaziosa, lasciando gli interni nella loro integrità. Purtroppo, quando sono arrivato, il progetto era già partito e non si è potuto fare diversamente. Va detto che c’era una situazione terrificante, con fili che passavano dappertutto o tagliati e lasciati a penzoloni, rotoli di cavi inutilizzati e abbandonati lì, scatole di derivazione elettrica appese ai muri. Anche riguardo all’illuminazione esterna, prima hanno comprato i fari e poi fatto il progetto. Dopo è difficile intervenire e limitarne gli effetti.  A volte c’è un problema di finanziamenti, a volte di buon gusto e di capire cosa si vuole fare. Di buono c’è che la Torre è stata ripulita da lavori che si erano sovrapposti per una cinquantina di anni senza una logica complessiva e avevano prodotto una situazione agghiacciante.

Riguardo alla Prima Torre, si farà qualcosa?

Anche lì c’è una situazione che ha bisogno di un intervento organico di risistemazione, e vorremmo farlo presto. Ma siamo ancora nella fase di richiesta.

A ben vedere, la vostra agenda è piena di programmi per il futuro. Cosa le sta più a cuore?

Direi che mi sta a cuore tutto. A cominciare dai nostri progetti didattici museali, che ogni anno si rinnovano in accordo con le scuole. Tra le novità, c’è la pianificazione per la digitalizzazione delle schede delle opere, affinché la catalogazione sia collegata al sistema emiliano romagnolo; quindi, sempre aggiornata e meglio fruibile dagli utenti, siano essi studenti o ricercatori o semplici appassionati. Dovremmo cominciare a lavorare per questo progetto già dal prossimo anno.