E’ il 22 gennaio 2019 quando il Commissario della Legge Alberto Buriani, padre di pressochè tutte le indagini che hanno spazzato via una intera generazione politica, poi chiuse con una pioggia di assoluzioni con formula piena e proscioglimenti, avrebbe avuto una strana conversazione con l’assicuratore Filippo Dughera. Il decreto di rinvio a giudizio, in tal senso, sembrava non lasciare dubbi e suonava come una prova quanto mai pesante e difficile, per la difesa, da controbattere.
E’, come detto, il gennaio 2019, il 22 gennaio, ovvero il giorno dopo il commissariamento di Banca CIS e con una ispezione della Vigilanza Bcsm in corso presso lo stesso istituto… Lo rimarco perchè la data è importante per definire l’ambito e il contesto in cui questo dialogo fra Buriani e Dughera si sarebbe realizzato. In quei mesi, infatti, è in atto il tentativo di cessione di Banca CIS alla lussemburghese Stratos. Seppure l’accordo fra le parti sembri ormai definito, Banca Centrale -nella doverosa azione di verifica di soddisfazione dei requisiti da parte del compratore- complica l’operazione, rivelandosi un “alto” ostacolo per il buon fine dell’operazione, poi naufragata.
Poco prima di quel 22 gennaio, il 17 -giorno successivo all’arresto di Daniele Guidi- a Banca Centrale sarebbe arrivata dagli uffici giudiziari una richiesta di documentazione, che insinuò nei vertici di Bcsm il sospetto -anche questo si evince dagli atti processuali- che il Giudice Buriani potrebbe arrivare ad indagare altissime cariche della stessa. Come poi avvenne… In realtà, seppure la notizia di reato -quello che in Italia è nota come “avviso di garanzia”- sia stata ricevuta dalla Presidente di Banca Centrale, Catia Tomasetti, solo nell’aprile successivo, in quel 17 gennaio l’indagine -apparentemente anomala e illegittima poiché sembrerebbe avviata sulla base di esposti anonimi- era aperta già dal novembre 2018, sia sulla stessa che sull’On. Sandro Gozi, a sua volta oggetto di prime presunte pressioni ricevute in ottobre 2018.
L’indagine nei confronti della Tomasetti e di Gozi, poi -faccio riferimento sempre alle testimonianze rilasciate nel corso delle udienze dibattimentali- sarebbe stata utilizzata in giugno e luglio 2019 per effettuare, tramite l’ex Segretario di Stato Simone Celli, più o meno velate e dirette pressioni apparentemente finalizzate ad “ammorbidire” la posizione di Bcsm nella valutazione dei requisiti di Stratos.
Definito il contesto, torniamo alla registrazione del dialogo che il Giudice Buriani, circa tre mesi prima della tempesta mediatico-giudiziaria abbattutasi sulla Tomasetti, avrebbe avuto con l’assicuratore Dughera, i cui stralci (leggi qui) sono contenuti nel decreto di rinvio a giudizio: “Dughera -sarebbero le parole di Buriani- mi faccia sto piacere!”.
E ancora: “Troviamo qualche cosa…”. “…Io ho bisogno!…”. “…Facciamo solo paura a qualcuno, ma questo è importante…”. E’ importante, sarebbero le parole del giudice. Importante per cosa? Importante per chi? È lecito chiedersi.
Una possibile risposta arriva poi, scorrendo lo stesso atto giudiziario. “Intanto facendo un’esposizione dei fatti che mi faccia capire che cosa è successo -avrebbe risposto Buriani alla domanda dell’interlocutore su come predisporre la denuncia-. Sappia che i reati vengono attribuiti, cioè ogni magistrato si occupa di certi reati. I miei sono quelli contro Banca Centrale…”.
Il Giudice Buriani stava “guidando” l’assicuratore Dughera nel predisporre una denuncia che, poi, gli avrebbe permesso di vedersi assegnare il fascicolo e quindi di aprire una indagine verso altri esponenti di Bcsm? Il decreto di rinvio a giudizio sembra interpretare in tal senso… Ma l’accusa non “scrive” la verità, si limita a formulare ipotesi di accusa. La fondatezza delle stesse viene poi valutata da un Tribunale, in un pubblico processo. Peccato, però, che questa importante registrazione sia stata, seppure in diversa forma, già una volta stralciata dal procedimento che ha visto il giudice Buriani, oggi sospeso, rinviato a giudizio con l‘accusa di abuso d’ufficio, falsa testimonianza e offesa all’onore di persona investita di pubblici poteri, e -seppure al momento presente negli atti- tuttora pendente in attesa di nuova valutazione da parte del giudice di Terza Istanza, Oliviero Mazza, sulla base di una ennesima eccezione sollevata dalla difesa di Buriani.
Arriverà, almeno per il primo grado, una interpretazione giudiziaria, seppure non definitiva, sul senso di quella conversazione? Difficile dirlo, perché al fianco della “partita” aperta sull’ammissibilità o meno di quella registrazione agli atti del processo -seppure al momento risulti nei medesimi- ce n’è un’altra quanto mai determinante e vertente sulla legittimità o meno del giungere a sentenza prima del pronunciamento sull’ammissibilità o meno della “pesante” prova prodotta dall’accusa.
Il rischio, quindi, visti i tempi non velocissimi della giustizia, è che la sentenza di primo grado (verosimilmente prevista per il prossimo ottobre) possa giungere successivamente al sopraggiungimento della prescrizione del reato. Infatti, secondo calcoli approssimativi, almeno il reato di abuso di ufficio sembra destinato a prescriversi all’inizio della prossima primavera.
Quindi, se appare pressochè scontato che in caso di condanna in primo grado -visto il tempo necessario per istruire e giungere a sentenza di un ricorso in appello- l’intero procedimento sia destinato a chiudersi senza alcuna condanna ma con la prescrizione dei reati, il rischio è che sulla delicatissima vicenda non si giunga neppure ad una sentenza di primo grado, ovvero ad una primo pronunciamento che giudichi nel merito le accuse, ovvero la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato.
Se ciò accadesse, un altro controverso capitolo che avrebbe potuto contribuire in maniera decisiva alla ricostruzione storica dello scorso “buio” decennio sammarinese sarebbe perduto… Non ci resta che attendere, serenamente e fiduciosi, l’evolvere di questo procedimento giudiziario che potrebbe fissare un importante “punto” fermo nella tavola dei tanti puntini che, se uniti fra loro, rendono non del tutto aleatoria l’inquietante ipotesi che il Titano, negli anni scorsi, possa essere stato vittima di un vero colpo di stato perpetrato da un gruppo di potere che avrebbe potuto contare su complicità e manovalanza nelle massime istituzioni democratiche della repubblica, ovvero in frange della magistratura, degli organismi di vigilanza, della politica e dell’informazione…
Non vi nascondo, però, che -alla luce di quanto ho visto fino ad ora- sono pessimista sulla reale volontà, in tutti coloro che “contano”, di fare chiarezza sugli anni più bui della democrazia e del Diritto, nonché dell’economia, sammarinesi. Ad incutermi un velato, debole ottimismo, però, arrivano primi segnali, ovvero i primi chiari, quanto scomposti, aleatori nel merito e sconclusionati, attacchi -talvolta anonimi, talvolta da un preciso partito politico spesso al centro dei miei approfondimenti- verso la mia persona e le pagine elettroniche che mi ospitano (GiornaleSM per intenderci) anche con l’ausilio -ingenuo?- di non troppo autorevoli organi di informazione italiana.
Forse, cari sammarinesi, qualche breccia nell’inviolabile muro costruito da chi, in San Marino, preferisce il velo di omertà alla ricerca della verità completa e non finta del sacrificio di qualche capro espiatorio, siamo riusciti a crearla… La prima risposta, in tal senso, arriverà con la sentenza di primo grado del procedimento giudiziario, del processo citato: se sarà sentenza nel merito -di assoluzione o condanna che sia- sarà un passo importante verso la ricerca della verità; se sarà prescrizione, ovvero non sentenza nel merito dei fatti, il muro, all’indomani, sarà ancora più alto e invalicabile…
Enrico Lazzari
