Abbiamo tirato un sospiro di sollievo per la pandemia che ha appena allentato la sua stretta, e subito abbiamo cominciato a preoccuparci per una minaccia che si pensava ormai relegata al passato: la guerra mondiale. Il presidente russo Putin cala una carta pesantissima, probabilmente preparata da tempo, e invade l’Ucraina. Ma è una dichiarazione di guerra a tutto l’Occidente. Usa parole di fuoco: denazificare Kiev! “Smilitarizzeremo, libereremo ed elimineremo il nazismo in Ucraina con un’operazione militare speciale”. Una frase che fa più paura delle bombe. Sembra di intuire nelle sue intenzioni il progetto di una guerra breve, una kurzer Krieg in stile hitleriano, pura dimostrazione di forza. La disparità tra Russia e Ucraina è enorme. L’orso contro un gattino. Che però non si arrende e contrasta con coraggio l’invasore russo. Nessuno vuole fuggire, tutti vogliono combattere. E questo da subito ha fatto vacillare la strategia di Putin.
Di fronte all’aggressione violenta della Russia, l’Europa e l’America si sono ancorate alla semantica delle sanzioni, considerate l’unica arma per evitare la terza guerra mondiale. Subito vengono congelati i beni del presidente russo e del ministro degli Esteri Lavrov. Tuttavia i Paesi europei faticano a trovare un accordo sull’esclusione della Russia dal sistema di pagamenti internazionali Swift: la Francia è a favore, la Germania si è appena allineata. L’accordo si trova sull’esclusione delle banche attraverso le quali si procede al pagamento delle forniture di gas. L’obiettivo è sfiancare l’economia di quel paese. Ma già dalla prima giornata di guerra, il rublo crolla nelle quotazioni contro il dollaro. Molti paesi hanno chiuso il loro spazio aereo alla flotta russa.
Mentre le immagini della guerra scorrono minuto per minuto, siamo rimasti incantati a guardare i due leader che irrompono dagli schermi di tivù e telefonini: due modi di porsi e di parlare profondamente diversi.
Vladimir Putin, da più di 20 anni presidente della Russia, grande giocatore di scacchi nella geopolitica mondiale, viene dal KGB, non ha emozioni, i suoi occhi sono di ghiaccio. Il freddo siberiano fatto persona. Impressiona il fatto che intorno a lui non ci sia mai nessuno, è sempre solo. Sciabola gli uomini del suo staff dicendo che non ha chiesto la loro opinione. Quello che ha fatto in Cecenia, non l’ha dimenticato nessuno. La propaganda è la sua grande arma, oltre ai missili, le testate nucleari, i panzer, gli aerei militari. Ma per quanto sia difficile e pericoloso in un regime totalitario, molti cittadini russi hanno cominciato a manifestare in piazza per la pace e la fine immediata della guerra. Contro il nuovo Zar di tutte le Russie, si pongono i leader e i governi mondiali. Ad eccezione dell’ex presidente USA Donald Trump, che lo ammira e lo porta ad esempio: così deve fare un uomo che comanda, sistema da solo le cose che sono da sistemare.
Volodymyr Oleksandrovyc Zelens’kyj, ufficialmente Zelensky, è presidente dell’Ucraina dal 2019, ma finora era un signor “Nessuno”. Ha vinto le elezioni con il 70 per cento di consenso e con un partito a cui ha dato il nome dello spettacolo televisivo in cui impersonava un presidente per caso. Viene da una famiglia di ebrei. La sua forza è saper usare i media con grandissima maestria: prima si presenta in giacca e cravatta, poi mentre la situazione precipita, si presenta senza cravatta con la camicia slacciata, poi indossa la divisa, quindi passa a una semplice t shirt militare. Sullo sfondo sempre la capitale Kiev. Non ha medaglie, non ha decorazioni. Sembra quasi un cittadino qualunque. I suoi messaggi arrivano via Facebook e su Telegram. I social contro la disinformatia del Cremlino. E subito diventa un eroe, o meglio un simbolo non solo per i partigiani ucraini, ma per tutto il mondo. Che sta dalla sua parte. Il parallelismo più immediato è con Regan, che fu un grande presidente con il passato di attore.
Putin – Zelensky: chi vincerà? Il nuovo Zar o il presidente per caso? Difficile prevedere come finirà una guerra con i carri armati, con il fango, con le macerie dei palazzi, che gli adulti hanno dimenticato e che i giovani non hanno mai conosciuto. Putin voleva una guerra lampo perché è costretto per la sostenibilità economica, la proiezione psicologica e il fronte interno; perché un uomo che ha costruito la sua immagine e quella del suo Paese sul machismo è obbligato a vincere facilmente. Se non si realizza, il contraccolpo psicologico è fortissimo. Più gli ucraini resistono e più aumenta il loro morale e quindi sarebbero più protesi a uno scenario di guerra più lunga, perché i costi del logoramento li pagherebbe soprattutto Mosca. Inoltre, pacificare il Paese è un processo lungo. Non c’è solo l’avanzata sul terreno, ma anche la pacificazione e l’instaurazione di un nuovo sistema. E poi, il popolo russo non è il popolo tedesco assuefatto alla narrativa nazista, qui non è la stessa cosa, non c’è lo stesso trasporto.
Non è un caso che sia partita ieri dallo stesso Putin la richiesta di trattativa, che non risparmia però di agitare lo spettro nucleare. Oggi toccherà alla diplomazia, che affilerà le sue armi nascoste sulle variabili della sostenibilità economica e della resistenza ucraina. Noi comuni mortali comunque rimaniamo sempre più convinti che la guerra non sia mai un’opzione.
a/f