San Marino. Rifiuti solidi urbani: a quando la soluzione? … di Alberto Forcellini

Spesso, sui giornali e in tivù, si leggono soluzioni molto avanzate, rispettose dell’ambiente e funzionali alla riduzione dei cambiamenti climatici. Si tratta di procedure o metodologie volte a gestire l’intero processo dei rifiuti, dalla loro produzione fino alla destinazione finale coinvolgendo quindi la fase di raccolta, trasporto, trattamento (riciclaggio o smaltimento) fino al riutilizzo dei materiali di scarto, solitamente prodotti dall’attività umana, nel tentativo di ridurre i loro effetti sulla salute umana e l’impatto sull’ambiente. In sostanza, una gestione integrata che, tra le sue funzioni, prevede lo sviluppo di tecnologie pulite, l’ideazione e messa in commercio di prodotti che non contribuiscano o diano un contributo minimo alla produzione di rifiuti ed all’inquinamento, i miglioramenti tecnologici per eliminare la presenza di sostanze pericolose nei rifiuti, il ruolo attivo delle amministrazioni pubbliche nel riciclaggio dei rifiuti e del loro utilizzo come fonte di energia. Tanto per fare un esempio, ci sono Comuni, anche vicini ai nostri confini, che hanno messo a punto impianti per la trasformazione delle biomasse in energia.

San Marino è sempre troppo piccolo per qualsiasi progetto, eppure la “questione rifiuti” costa oltre 6 milioni all’anno, con ricavi più o meno al di sotto della metà. C’è anche questa valutazione da fare nelle considerazioni generali, mentre altre località ne ricavano un guadagno.

L’introduzione del porta a porta, avvenuta nella passata legislatura, era sembrata una soluzione molto valida dal punto di vista della differenziazione del rifiuto, non per la riduzione dei costi. Salvo poi venire a scoprire che tutta la raccolta veniva caricata in maniera indifferenziata sui camion per essere avviata allo smaltimento fuori territorio, con costi altissimi. Praticamente una presa in giro.

Con l’avvento della nuova legislatura si è accesso un dibattito fortissimo sull’eventualità di abbandonare il porta a porta e ripristinare i cassonetti di vecchia memoria. Il tutto si è concluso col fatto che metà territorio è ancora servito dal PAP, l’altra metà dai cassonetti.

Nel frattempo sono stati siglati nuovi accordi con le regioni limitrofe e anche con la Lombardia proprio per lo smaltimento, visto che in territorio non esiste un impianto di questa natura. E non si farà mai, perché altrimenti si scatenerebbe una guerra civile. Il problema è che la legislazione italiana impone ad ogni Comune, territorio, amministrazione, di smaltire al suo interno almeno la metà del suo rifiuto. Così, anche San Marino, firmando questi accordi, ha dovuto accettare la disposizione.

Va da sé che le quantità, seppur rilevanti, di vetro, acciaio, plastica e di indifferenziata, non sono sufficienti a compensare l’allestimento di appositi impianti di smaltimento, riciclaggio, riuso delle materie prime. Gli unici settori in cui San Marino può incidere sono quelli della carta, perché esiste in territorio una cartiera che tratta appunto il riciclaggio di questo materiale; e l’umido, perché può essere trattato con procedure tutto sommato più semplici. Infatti i rifiuti vegetali si decompongono grazie all’azione di alcuni microrganismi presenti in natura come batteri, funghi e lombrichi. Diventano compost, cioè terricciato, utilissimo in agricoltura, orticoltura e giardinaggio. L’importante è selezionare l’organico, che è solo vegetale, da materiali impropri.

Mettendo insieme le due tipologie si arriva a quel 50 per cento di rifiuti che devono essere smaltiti dentro, mentre l’altra metà può essere avviata fuori. Così è nato l’impianto di compostaggio a Gaviano, che però sembra avere molti problemi. Le aziende e le abitazioni presenti nella piana di Ca’ Martino (Acquaviva), cioè pochi metri sotto, sono invase da una puzza irrespirabile. Cosa c’è in quel “presunto compost”? Le montagne di rifiuto vegetale in corso di macerazione sono puntellate da migliaia di macchie multicolori. Dovrebbero essere le famose “borsine di plastica biodegradabile” cioè a frazione compostabile. Ma è sempre plastica. Che si decompone e diventa invisibile, ma c’è! E poi sono tutte davvero biodegradabili? C’è qualcuno, o una macchina, che seleziona il rifiuto, o dentro vien macinato di tutto? Altrimenti non si spiega la puzza.

Alcuni Comuni vicini, oltre che a venderlo, usano il compost per fare degli omaggi. Addirittura ne fanno dei sacchettini in cui inseriscono semi di fiori selvatici, perché attirano gli insetti, i quali favoriscono l’impollinazione e impediscono la proliferazione di batteri nocivi che fanno morire le piante.

San Marino, purtroppo, sembra ancora molto lontano da tutto ciò, che sembra così naturale e non particolarmente difficoltoso. In Consiglio si sono sentiti gli annunci di un nuovo impianto di compostaggio a San Giovanni, nei terreni sottostanti all’attuale centro di raccolta. Si può solo sperare che non siano solo parole e che il progetto venga realizzato almeno con le stesse caratteristiche di quelli che usano i nostri vicini. Di pari passo, i cittadini attendono una decisione: PAP o cassonetti? E soprattutto, sarà mai possibile arrivare alla famosa “tariffa puntuale”, cioè pagare esattamente per la quantità di rifiuto prodotto?

a/f