Nell’ultima udienza del processo Carisp, tenutasi il 31 marzo 2025, è stato escusso uno dei testimoni chiave: il dott. Marco Stolfi, sindaco revisore della banca al tempo dei fatti. Il suo lungo interrogatorio, guidato dall’avv. Emanuele Nicolini, parte civile per conto di Cassa di Risparmio, ha offerto un’analisi tecnica e contabile decisiva sul caos del bilancio 2016, la cui riclassificazione generò la perdita record di 534 milioni di euro.
“Il bilancio da 534 milioni fu il frutto di una valutazione discontinua e straordinaria. Ma quei principi non erano in vigore né allora né oggi.”

Con queste parole, Stolfi ha riassunto una delle chiavi più rilevanti del processo: i principi contabili internazionali a cui si fa riferimento nel bilancio 2016 – come Basilea 3 – non erano vincolanti per San Marino nel 2017, né lo sono oggi. Nonostante ciò, proprio questo avvicinamento a standard più rigidi fu indicato come giustificazione per l’adozione di nuovi criteri valutativi, radicalmente diversi rispetto agli anni precedenti.
Il punto di rottura, ha dichiarato Stolfi, fu l’approccio liquidatorio usato per valutare i crediti Delta, le DTA e le spese di recupero. Si passò da un modello prudente ma “proiettato nel tempo”, a uno “che considerava solo le voci certe o altamente probabili”, causando svalutazioni devastanti.
In particolare, le DTA vennero azzerate e le commissioni di recupero crediti ipervalutate fino al 30%, quando il reale tasso era dell’1,85% sul capitale e 20% sugli interessi.
Tre versioni di giudizio sullo stesso bilancio. Stolfi ha rievocato una situazione straordinaria: nel 2016, il Collegio dei Sindaci si trovò a dover redigere tre opinion diverse sullo stesso bilancio:
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La prima, emessa su un progetto del CdA Giacomini mai approvato: fu dichiarata tecnicamente incompleta;
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La seconda, dopo l’ingresso del nuovo CdA, ancora con impossibilità di giudizio per la presenza della “perdita mostruosa”;
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La terza, datata 11 settembre 2017, fu un’opinion “speciale”, formulata alla luce dell’intervento dello Stato, con l’introduzione dell’art. 5-ter del decreto 93/2017.
Stolfi ha spiegato che fu proprio quel decreto a rendere “sostenibile” il bilancio, perché spalmava la perdita su 25 anni, riducendo la perdita d’esercizio a “soli” 54 milioni. Senza quell’intervento, ha detto, Cassa sarebbe risultata tecnicamente insolvente.
Il paradosso: stesso bilancio, giudizi opposti. Un punto cruciale emerso in aula è la contraddizione tra la posizione dell’accusa e quella degli imputati. Secondo Stolfi, il bilancio approvato in CdA ad agosto 2017 è lo stesso che viene portato all’assemblea dei soci il 2 ottobre 2017, salvo l’inserimento del 5-ter. Tuttavia, Borri, Cartanese e Cotella si dimisero proprio in quel periodo, sostenendo di non aver condiviso il bilancio definitivo. Ma, sottolinea Stolfi, “i termini tecnici del documento erano gli stessi”.
Il valore della comparabilità e l’intervento dello Stato. Il principio contabile della comparabilità dei bilanci nel tempo fu — secondo il revisore — deliberatamente superato per “motivi eccezionali”, come ammesso anche dai documenti ufficiali. Ma proprio questa violazione di continuità ha reso il bilancio 2016 poco credibile come fotografia reale della situazione dell’istituto, tanto più che nessuna allerta o eccezione del genere era mai emersa nei bilanci 2012–2015, tutti approvati sulla base dei report di KPMG. Stolfi ha anche confermato che la redazione del bilancio da -534 milioni innescò un’istanza di insolvenza presentata dal Collegio Sindacale al Tribunale di San Marino il 21 agosto 2017, prima ancora che il 5-ter fosse approvato. Un gesto estremo, che ha portato — a suo dire — a “far tremare il terreno sotto i piedi” a tutti i responsabili istituzionali.

Il rischio sistemico. Secondo Stolfi, senza il pacchetto di leggi straordinarie, incluso l’impegno della Camera di coprire eventuali perdite non coperte dai soci, la banca rischiava il default. E con essa, lo stesso sistema finanziario del Paese. L’eco mediatica fu enorme. Non solo: il bilancio 2016 pubblicamente accessibile mostrava svalutazioni autonome, che potevano impattare sul valore dei crediti anche nei confronti dei soggetti terzi o potenziali acquirenti.
Un’ultima rivelazione riguarda la creazione della “Bad Bank” e la possibile cessione degli NPL (crediti deteriorati): Carisp non aveva problemi di liquidità ad agosto 2017, ha detto Stolfi, lasciando intendere che le decisioni furono più strategiche e politiche che emergenziali.
Quindi, in conclusione, dalla testimonianza di Marco Stolfi emerge un quadro dirompente, ovvero che il bilancio 2016 fu redatto secondo criteri non obbligatori, la svalutazione fu frutto di scelte discrezionali non imposte dai regolamenti vigenti, e il suo impatto fu tale da costringere lo Stato a un intervento legislativo d’urgenza.
Il rischio che si affaccia, oggi, è che una rappresentazione contabile non veritiera sia stata utilizzata per forzare un intervento pubblico, stravolgendo la fotografia economica dell’istituto — e con essa, le scelte politiche e finanziarie del Paese. L’inchiesta giudiziaria ha ora uno snodo fondamentale su cui riflettere: quel bilancio fu veritiero o costruito? E se costruito, da chi e per quali fini?
Il processo prosegue questa mattina, 15 aprile 2025, dalle ore 09.30.
Marco Severini – direttore GiornaleSM