È della vigilia ferragostana la notizia delle indagini aperte a carico degli ex amministratori AASS per presunti reati sulle TLC e partnership con ZTE. Lo scorso mese di maggio invece, si era saputo di un’analoga indagine sugli ex vertici ed ex membri della Public- Netco, una società privata costituita con capitale interamente pubblico per gestire il nuovo progetto sulle TLC (società ora in liquidazione). In entrambi i casi, la denuncia era partita da Roberto Ciavatta (Rete).
Ma la notizia sugli ex amministratori AASS non aveva ancora fatto in tempo ad arrivare ai giornali, che già nelle redazioni era piombato il comunicato di Matteo Ciacci (Libera) che criticava aspramente il Segretario di Stato Ciavatta per le sue posizioni “forcaiole” e contestualmente alludeva al tribunale troppo supino al “capo di questo governo”, dice lui. A parere di Ciacci, non è questo il compito di un congressista, tanto più che nel caso specifico è venuto coinvolto anche un attuale esponente di maggioranza.
Siamo alle solite, si guarda il dito e non si vede la luna. La denuncia su presunti reati è sempre stato un tratto caratteristico dell’azione politica di Rete, a cominciare dal famoso “caso titoli” scoppiato proprio su iniziativa di Rete. Avrebbero dovuto stare zitti? Permettere di farla franca a politici, banchieri e imprenditori che avevano messo in piedi un marchingegno finanziario per svuotare le casse di Fondiss? Poi i soldi sono stati recuperati (per fortuna), ma questo non cancella il (presunto) reato, che è tuttora al vaglio del tribunale.
Il racket delle badanti, ovvero il lavoro nero in ospedale. C’è sempre stata Rete a sostenere la denuncia del Comitato Civico Rispetto, mentre l’allora maggioranza e governo hanno semplicemente detto che non c’era bisogno di fare tutto quel chiasso. Quella denuncia fatta nel 2018, è rimasta lettera morta. Finché all’ISS è arrivato Ciavatta, che ha rifatto la denuncia perché la situazione stava andando avanti imperterrita e ora si sta celebrando il processo. Bisognava tacere, ammucchiare tutto a beneficio di qualcuno, mentre le famiglie pagavano 100 euro a notte per un’assistenza sui generis e fuori da ogni regola? Mentre alle badanti russe e ucraine andavano meno di 10 euro a notte?
La denuncia alla Serenissima (non ai cittadini), che non era una denuncia ma una segnalazione sul fatto che c’era un giornale che non era un giornale perché non osservava le leggi sull’editoria e non aveva alcun permesso di operare. Infatti i cittadini, tirati in ballo impropriamente dallo stesso giornale e non dal segnalante, sono stati ascoltati senza nessun’altra conseguenza, mentre il giornale ha dovuto pagare delle multe.
Si sente sussurrare di altre denunce da fonti non qualificate, per questo non azzardiamo ipotesi. Se son rose fioriranno, perché comunque a dare retta alla relazione della Commissione di inchiesta c’è stata una bella serie di reati che si sono consumati nella passata legislatura.
È di questo che ha paura Matteo Ciacci? Tra l’altro adducendo ragionamenti quasi infantili quando insinua la possibilità di incrinatura nei rapporti di maggioranza tra Rete e la coalizione NPR, tra le quali in questi anni è sempre corsa una buona intesa politica. Le ripicche le fanno i bambini. Qui c’è una vicenda relativa a procedure e a leggi non rispettate a fronte di un contratto di 12 milioni di euro di cui 6 pagati sull’unghia (sempre soldi dei cittadini) per non avere ricevuto nulla in cambio. Ma queste sono riflessioni nostre, maturate sulle cronache dei mesi scorsi. Sarà il magistrato a dover decidere. E se gli indagati (politici o meno) hanno la coscienza a posto sul loro operato, sicuramente saranno in grado di dimostrarlo.
Come sempre accade sulle varie questioni, ci sono due correnti di pensiero: quella che di fronte al (presunto) reato cerca solo di sollevare il velo omertoso del silenzio e quella che preferisce denunciare perché le eventuali responsabilità vengano messe allo scoperto. Del resto, sono anni che ci lamentiamo che tutte le porcherie consumate alle spalle del Paese e dei cittadini, sono sempre rimaste impunite. Non era ora che la tendenza si invertisse? Ma tutto ciò pone un altro problema di portata amletica. Il sistema istituzionale sammarinese è pienissimo di organismi di controllo, che devono vigilare e intervenire. Perché non si sente dire mai nulla sul loro operato?
Qualche considerazione sulla notizia fresca, fresca di Amazon che non consegna più a San Marino. Non è una novità. Ormai da qualche anno i sammarinesi hanno imparato ad aggirare l’ostacolo. E poi ci sono gli operatori sammarinesi che pagano tasse e monofase. Non è che per caso, da qualche parte, ci sia stato, o ci sia, un problema di triangolazioni? È una domanda, ovviamente, perché ci sono solo voci ma nessuna fonte ufficiale.
C’è anche un problema politico. Questo memorandum per la digitalizzazione del sistema sammarinese, chi l’ha visto? Ci sono dei contenuti specifici, oppure si può riempire a suon di decreti? Se il Congresso di Stato pone dei dubbi, se le società di informatica pongono dei dubbi, evidentemente mai chiariti, non è meglio sedersi a un tavolo e parlare invece che ricattare sui media politica e cittadini? Il Congresso di Stato decide in maniera collegiale: se uno su dieci punta i piedi, non è detto che abbia ragione lui. È vero che Motus ormai fa così da tempo, dissociandosi sempre più spesso dalla politica di governo. Ma a questo punto è Motus che dovrebbe farsi una domanda e darsi una risposta.
A meno che questo atteggiamento venga usato come testa d’ariete per cercare di far cadere il governo, visto che altri non ci sono ancora riusciti.
a/f