San Marino. Uniti, disuniti, fuori dalle righe: i partiti di sinistra non si smentiscono mai. Mentre Rete e la DC stanno a guardare … di Alberto Forcellini

La politica è come certe emergenze: se le metti nell’ultimo cassetto della scrivania, non sono più emergenze. Così è stato per la riunificazione delle sinistre: sembrava il più grande progetto politico di questa legislatura. Ma dicevamo appunto: sembrava…

Già alla festa dell’amicizia a Serravalle, il segretario DC Venturini aveva speso parole di attenzione: “Il progetto di creare un polo liberale, socialista e riformista, che non sia legato a vecchie logiche spartitorie e personalistiche, è certamente un fatto politico importante” aveva detto. E di lì a qualche giorno, ecco la prima riunione a quattro: PSD, MD, PS, Elego. Dietro le quinte, a far da regia, uno di qua l’altro di là: Paride Andreoli e Fiorenzo Stolfi. Dietro ai quali fanno di nuovo la loro comparsa Volpinari e Casali.  Ma già cominciano i primi mugugni contro i cosiddetti “dinosauri” e per l’esclusione di altre parti socialiste, come il MIS, dov’è confluita Denise Bronzetti. Manca anche Iro Belluzzi, a sua volta trasferitosi in Libera ma rimasto nella maggioranza.

Si comincia a trattare: il PSD per riappacificarsi con MD; il PS per congiungersi con Elego. L’idea è di spaccare NPR e isolare Berti, colpevole (si fa per dire) di avere rapporti con DC e Rete. I tre rispettivi leader sono spesso insieme e fanno muro per sostenere il governo. Ma perché l’obiettivo sia possibile, NPR non può frantumarsi. A questo punto nasce il progetto liberal-socialista di Berti che va a scompaginare le carte e punta a creare una sorta di NPR 2.0 ovvero un contenitore per più anime, connesso, veloce, globale.

E qualcosa succede, perché MD torna nella casa del PSD, con la benedizione degli iscritti. Il PS invece gioca male le sue carte perdendo tutte le sue chance. I dinosauri rimangono soli (forse c’è ancora Andreoli dietro le quinte, ma non si fa vedere). Berti a questo punto fa spesa all’ingrosso recuperando i due ormai ex PS Mancini e Simoncini, oltre al MIS, Bronzetti compresa. In pratica tutti quelli che gli altri non volevano perché giudicati politicamente non più spendibili.

A questo punto si verifica una situazione inconsueta e piuttosto bizzarra per NPR, che risulta diviso in tre parti: il PSD ha due Consiglieri e due Congressisti, i Liberal-socialisti di Berti hanno sei Consiglieri e nessun Congressista; il PS non ha né Consiglieri, né Congressisti, ma si colloca comunque in maggioranza.

I tavoli a tre gambe vanno bene per fare le sedute spiritiche, ma difficilmente riescono a stare in piedi. A meno che il PS trovi l’accordo per entrare nel PSD e riequilibrare le cose. Si dice che sia una possibilità.

E poi c’è Libera, che apparentemente è rimasta fuori da tutti giochi. A detta dei bene informati starebbe vivendo molte divisioni interne. Ci sarebbe infatti una corrente che guarda con interesse all’area socialista (quale?), mentre la corrente Morganti non nasconde simpatie e sentimenti per Area Democratica, ovvero la sinistra più estremista rappresentata da Carattoni, Michelotti, D’Ambrosio e compagnia, rimasti fuori dalla porta nelle passate elezioni. E poi ci sono quelli che guardano alla possibilità di un avvicinamento a Rete. La quale Rete, sul tasto riformista è sempre stata sensibile. Si sussurra che esponenti dell’una e dell’altra parte siano stati visti insieme a cena, più di una volta. Come si dice: il paese è piccolo e la gente mormora…

Da tempo ormai Libera vorrebbe l’aggregazione dei riformisti, ma non vuol andare verso NPR: uno perché vede Berti come il diavolo; due perché ci sarebbero troppi impresentabili. Adesso poi si è affacciato anche Giovanni Lonfernini, ovvero un ex mazziniano.

Di Ciacci nessuno dice nulla, perché ancora serve come “uomo immagine”, ma senza più credibilità. Diversi, anche dentro Libera, pensano che non sia più spendibile.  Per tutte queste ragioni, un progetto riformista con Libera che dà le carte, pare assolutamente bruciato.

Chi segue le conferenze stampa settimanali del Congresso di Stato avrà potuto notare che DC e Rete, nonostante i rispettivi problemi interni e soventi divergenze di idee sugli aspetti del programma, trovano sempre la quadra perché il loro primo obiettivo è appunto realizzare le promesse fatte in campagna elettorale. Su questo tasto sono sempre concordi, anche perché, nonostante le immense difficoltà incontrate (manca la caduta di un asteroide e poi è successo di tutto) e i continui attacchi strumentali, hanno portato a casa molti risultati importanti e hanno fatto uscire il Paese dalle secche dell’immobilismo. Riguardo alle possibili alleanze per la prossima campagna elettorale, c’è ancora tempo. E molte altre carte da giocare. Per questo se ne stanno alla finestra a vedere cosa succede nel frattempo.

a/f

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