“Ti abbiamo vista”: da Lugo un grido di dolore diventa speranza. La lettera di Anna scuote la scuola e ispira una risposta collettiva

Non è solo una lettera. È un atto di coraggio, un urlo silenzioso scritto con garbo ma con la forza di una confessione autentica, incapace di restare chiusa tra le pareti scolastiche. Anna, studentessa del liceo scientifico Ricci Curbastro, ha deciso di rompere il silenzio pubblicando un testo diretto ai suoi insegnanti, affisso in bacheca e nelle classi. Parole che sono diventate virali, rilanciate anche dallo scrittore e insegnante Enrico Galiano, che ha riconosciuto in quelle righe “il dolore sommerso di chi entra in classe per trovare un senso e ne esce svuotato”.

La voce di Anna è quella di tanti: ragazze e ragazzi che hanno smesso di sentirsi visti, riconosciuti, valorizzati. «Avevo trovato il mio ikigai nello studio – scrive – ma ora mi viene da piangere quando apro un libro. Sento la mia mente chiudersi». Non ci sono accuse urlate, ma domande taglienti: “Perché insegnate? Quando ci guardate, cosa vedete?”

La risposta: “Ti abbiamo vista”

Dopo che la lettera ha iniziato a circolare online, non è rimasta sola. Da un altro istituto della città, l’Istituto Professionale Stoppa, è arrivata una risposta collettiva firmata da due classi, la 3ª e la 4ª ERSS. Il titolo è semplice e potente: “Noi ti vediamo”.

«Le tue parole – scrivono – ci hanno colpito come un pugno allo stomaco. Ma anche come una carezza». Un riconoscimento che va oltre la retorica, perché quei sentimenti, dicono, li hanno vissuti anche loro. La differenza? Hanno incontrato adulti capaci di guardarli negli occhi, insegnanti veri, che mettono la relazione al centro. “Ci ascoltano davvero. Sanno quando non stiamo bene, anche se non lo diciamo. Ci fanno sentire che valiamo, anche quando non lo crediamo.”

Non un idillio scolastico, precisano, ma un’esperienza che ha insegnato loro la più semplice e dimenticata delle verità: nessuna lezione funziona se non c’è prima una connessione umana.

Un’educazione che manca, una comunità che risponde

La vicenda è diventata qualcosa di più di un confronto tra studenti e scuola. È la testimonianza di una generazione che chiede spazio, ascolto, autenticità. E che sa anche restituire tutto questo quando lo riceve.

«Speriamo che qualcuno, nella tua scuola, legga davvero la tua lettera – scrivono i ragazzi dello Stoppa –. E se nessuno lo fa, fallo tu. Guardati allo specchio e ricomincia da te. Non smettere di crederci. Mai».

In un’epoca in cui spesso si raccontano gli adolescenti come apatici o distratti, questa storia dimostra esattamente il contrario: quando qualcuno trova il coraggio di parlare, altri trovano la forza di rispondere.