San Marino, terra di torri e promesse digitali, ha un vizio che ormai ci fa quasi tenerezza: parla di futuro da anni, ma lo fa con la velocità di un mulo zoppo che sta salendo alla terza torre. Blockchain, AI, stablecoin – li abbiamo sviscerati in questa serie – sono là fuori a rifare il mondo, mentre qui la Pubblica Amministrazione tira avanti come se il progresso fosse un venditore porta a porta da mandare via con un “non mi interessa, grazie”.
Si digitalizza, certo, con portali usciti da un manuale HTML del 2005, ma senza blockchain e AI è un restauro di facciata, sì carino, ma costoso e già vecchio prima di partire.
Alla fine, ogni volta, torniamo sempre lì: San Marino Innovation, il nostro “grande suggeritore”, che ha -o almeno dovrebbe avere- la chiave, ma pare l’abbia persa sotto una pila di scartoffie.
Parliamoci chiaro: blockchain e AI nella PA non sono giocattoli per smanettoni con gli occhi rossi, sono un bazooka contro il groviglio burocratico. Una blockchain è un registro digitale che non si perde, non si tarocca, non si inceppa, non si perde e non si brucia: certificati, permessi, atti notarili in un clic, trasparenti come un bicchiere d’acqua e sicuri come a Fort Knox.
L’AI, l’intelligenza artificiale? È il cervello che fa il lavoro sporco: organizza, prevede, snellisce, comunica… Pensate a una PA dove chiedi un documento e non finisci in un labirinto da “dramma dell’assurdo”… E qui apro una parentesi: avete mai assistito ad una udienza giudiziaria di un caso un po’ complesso? Io sì, tutto il primo grado del Mazzini… una ventina di avvocati difensori, due “PM” dell’accusa, quattro o cinque legali di parte civile, per una trentina di fascicoli giudiziari da oltre mille pagine di pesante carta. Ogni citazione era un dramma. “Un attimo signor Giudice, non trovo l’affogliato 649″… “Che affogliato era?” La ricerca, alla fine, richiedeva più tempo della deposizione del testimone. Poi ci chiediamo perché la giustizia va a rilento e perché tutti, o quasi, la fanno franca con le prescrizioni.
Immaginiamo che tutto, ogni atto, in Tribunale, sia custodito in una blockchain (massima garanzia di riservatezza e autenticità dell’atto) e un AI attenta nel seguire i lavori processuali “lanci” sul monitor della trentina di addetti ai lavori, di volta in volta, in “real-time”, l’affogliato di cui si sta parlando in quel momento. Quanti processi si potrebbero celebrare in più ogni mese? Quanto si semplificherebbe il lavoro di tutti gli avvocati e PM, nonché del giudice? E quanto sarebbe più veloce la trascrizione e la fissazione delle udienze? L’AI, addirittura, potrebbe arrivare a sostituire il dirigente del Tribunale, non che rilevare quella figura serva, per carità… Ma potrebbe serenamente farlo.
L’AI, l’intelligenza artificiale? È -dicevo- il cervello che fa il lavoro sporco: organizza, prevede, snellisce, comunica… Pensate a una PA dove chiedi un documento e non finisci in un labirinto da “dramma dell’assurdo”. O a una sanità pubblica che non ti fa contare i giorni come un naufrago per una TAC: blockchain per prenotazioni trasparenti e liste d’attesa in tempo reale, AI per gestire scorte di farmaci – addio magazzini vuoti o pillole scadute – e organizzare turni senza mandare in tilt medici e infermieri. Migliora, sì – l’ISS si sta dando da fare, va detto – ma le criticità restano, e il “torni quando sarà guarito da solo” è ancora un classico, temo.
I vantaggi di una digitalizzazione della PA basata su Blockchain e AI? Da far girare la testa. Una blockchain taglia le code come un machete nella giungla: certificati digitali che non si perdono tra Dogana e Borgo, trasparenza che fa arrossire i furbetti, turisti che comprano biglietti smart senza litigare con un totem rotto. L’AI ci mette il turbo: prevede i picchi di prenotazioni, tiene i magazzini pieni senza sprechi, spedisce un bot a dirti “la tua visita è domani” o “la tua visita è spostata a domani”, solo rilevando l’assenza del medico preposto nell’elenco delle presenze, senza alcun intervento umano (che tanto non ci sarebbe stato fino all’arrivo in sala d’attesa del paziente), invece di lasciarti appeso a un “forse”.
E i soldi? Una PA che funziona è una pioggia vera: startup che si insediano per testare il sistema, investitori che fiutano un Titano che funziona, cittadini che non “bestemmiano” più… Estonia e Dubai lo fanno da anni: sanità digitale, registri immobiliari, tutto su blockchain e AI. San Marino? È ancora fermo al “torno subito” scritto a penna sulla porta, mentre SMI lascia il Decreto 86/2019 a fare la muffa.
Non è troppo tardi, però. Una PA tech si può fare domani: blockchain per snellire, AI per pensare e organizzare. E, non ultimo, un team di “umani” che non dorma in piedi. L’Università potrebbe testarlo, le banche integrarlo, i cittadini goderne. Ma serve che SMI smetta di fare il becchino delle idee… E qui mi gioco il jolly, perché -a mio parere- è proprio essa la colpevole che ci ha tenuti fermi al palo.
Se si continua su questa “non linea” il futuro per San Marino sarà un miraggio, e i sammarinesi resteranno a contare i giorni di pioggia mentre il mondo si ripara sotto ombrelli che “coprono” autonomamente perché agganciati ad un microscopico drone “intelligente”.
Domani chiudo questa serie, sempre dai toni non banali ma con fine costruttivo, con chi doveva pensarci e ha dormito. Ci vediamo domani mattina, sempre che qualcuno di voi non si dimentichi di caricare la sveglia.
Enrico Lazzari