Un nuovo, ignobile raggiro online colpisce la memoria di Sara Cantagalli, la bambina scomparsa lo scorso luglio a causa di un raro neuroblastoma. L’immagine della piccola è stata utilizzata senza alcuna autorizzazione in una presunta raccolta fondi su TikTok, accanto a quelle di altri minori, probabilmente ignari protagonisti di un’operazione fraudolenta.
La segnalazione arriva direttamente dalla famiglia della bimba, che ha riconosciuto la fotografia di Sara all’interno di contenuti pubblicati su un profilo TikTok, il quale invita gli utenti a effettuare donazioni per aiutare bambini affetti da gravi patologie. Ma la verità è ben diversa: Sara è deceduta il 14 luglio 2024 e non esiste alcuna campagna ufficiale in corso in suo nome.
Secondo quanto ricostruito, il profilo incriminato farebbe leva sull’emotività per raccogliere denaro, utilizzando immagini vere di bambini e bambine che non sono più in vita o le cui famiglie potrebbero non essere a conoscenza di quanto accade. Una pratica tanto cinica quanto pericolosa, che si basa sulla buona fede degli utenti e sulla difficoltà di verifica tipica delle piattaforme social.
Il padre di Sara, non presente attivamente su TikTok, ha lanciato un appello attraverso i propri canali per invitare chiunque riconosca l’immagine della figlia a segnalare il contenuto e contribuire alla chiusura dell’account. Ha anche chiesto a chiunque avvisti richieste di denaro associate al nome della figlia di avvertire immediatamente la famiglia, per evitare ulteriori truffe.
Un caso che riaccende i riflettori sulla vulnerabilità delle piattaforme social
Ancora una volta i social media si dimostrano terreno fertile per abusi, specialmente quando mancano strumenti efficaci di controllo e verifica. L’utilizzo illecito di immagini di minori, soprattutto in contesti tanto delicati, rappresenta una delle derive più gravi dell’ecosistema digitale, dove la viralità può amplificare le frodi in modo incontrollabile.
L’appello è chiaro: non donare, non condividere, segnalare immediatamente. Soltanto la collaborazione tra utenti, famiglie e piattaforme può porre fine a questo tipo di inganni, che non solo sottraggono denaro a chi desidera fare del bene, ma profanano la memoria di chi non c’è più.